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Economia

Grandi opere incompiute, il quadro della situazione in regione

Il ministero delle Infrastrutture ha dato il via ad un censimento di quanto è stato iniziato e non completato nel Paese. La situazione a Napoli è solo apparentemente positiva, ecco perché

Il male tutto italiano delle opere incompiute è stato al centro di un convegno organizzato a Roma dal ministero delle Infrastrutture, insieme a Conferenza delle Regioni ed all'Istituto per l'innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale (Itaca).
Ben 3 miliardi di euro sono stati spesi per costruzioni al momento in gran parte inservibili, per completare le quali sarebbe necessario un ulteriore investimento di un miliardo e mezzo.

Lo spreco di fondi e di cattedrali nel deserto non poteva non coinvolgere anche la Campania, Regione in cui all'anagrafe delle Opere Incompiute risultano essere dieci le grandi infrastrutture iniziate e non portate a termine. Attenzione, il loro numero – come ha specificato il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini – “è destinato a crescere mensilmente”: la legge che obbliga al censimento è del 2011, e si è partiti nel conteggio soltanto dall'ottobre 2013.

Del resto, che i dati saranno rivisti drasticamente si evince facilmente dal fatto che nella provincia di Napoli risulta esserci soltanto un'opera incompiuta, ovvero la ristrutturazione ad Arzano dell'ex plesso scolastico di via Volpicelli, che sarebbe dovuto diventare un “centro socioeducativo per minori e famiglie”. La spesa? Un milione 343mila euro, a fronte di 250mila euro ritenuti necessari per completare l'opera (una cifra che fa pensare: perché servono così “pochi” soldi rispetto a quanto speso, se il ministero fa sapere che l'opera è ultimata solo al 19,77%?).

Al momento per le dieci opere incompiute in Regione la spesa è stata di 14 milioni e 70mila euro circa, ai quali andrebbero aggiunti 8 milioni e 140mila euro per arrivare alla fine dei lavori. Ma se a Napoli il censimento ha conteggiato fin qui soltanto una scuola ad Arzano, c'è da scommettere che i numeri cresceranno esponenzialmente. Si pensi al caso Bagnoli. Mentre, a completare il quadro, il governo sta valutando la possibilità di cambiare la destinazione alle incompiute così da attirare eventualmente investitori privati. Col serio rischio che la montagna (di denaro pubblico) possa partorire il topolino (che tiene tutto per sé).

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