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Cultura

Tomas Arana: "Napoli mi ha cambiato la vita"

La stella di Hollywood ospite del programma Tv/web di Claudio Dominech ha raccontato gli anni nei quali si è fatto strada a Napoli

Puntata esplosiva a L’Antivirus, il programma Tv/web ideato, diretto e condotto da Claudio Dominech, che ha ospitato la stella di Hollywood, Tomas Arana. 

L’attore ha raccontato i momenti topici della sua vita da professionista, dagli esordi fallimentari a San Francisco, città natale nella quale si è formato, sino alla rinascita avvenuta a Napoli, per un incontro fortuito e miracoloso, che lo ha visto tra i protagonisti del teatro d’avanguardia, insieme a nomi celebri quali Tony Servillo, Angelo Curti e tanti altri. 
Tomas Arana, che ricordiamo nel ruoli di ‘Quinto' de ‘Il Gladiatore’ di Ridley Scott, o nelle vesti dell’antagonista di Kevin Costner in ‘Guardia del corpo’ di Mick Jackson, mentre flirta con Withney huston, tentando di ucciderla, ha raccontato gli anni nei quali si è fatto strada a Napoli. Solo dopo il grande successo riscosso in teatro, l’attore è ritornato negli Stati Uniti per intraprendere la strada di quel cinema che lo ha consegnato presto alla storia. Da protagonista di svariate pellicole rimaste indelebili nella memoria di tutti, conta oggi un curricula di circa settanta film e trenta spettacoli teatrali all’attivo, più altre curiose avventure, raccontate nel corso della puntata che si è aperta con un commento sulla quarantena… 

Come la stai trascorrendo, Tomas?
Mi mancano i figli, la famiglia, come tutti, ma in confronto ai problemi seri che esistono nel mondo non mi posso lamentare.  
Raccontaci il tuo percorso, dagli esordi, il successo internazionale, il rapporto con le grandi produzioni, quello con le star con cui hai lavorato, da Russell Crowe fino a Kevin Costner…
Io sono un ragazzo di San Francisco ed è lì che ho frequentato “American Conservatory Theatre”. Da ragazzo non avevo un grande talento naturale, per cui ho dovuto studiare tantissimo per realizzare i ruoli che mi assegnavano di volta in volta. Necessitavo di molto allenamenti per dare il meglio di me. Negli anni mi sono spostato tra New York, Napoli, poi Los Angeles e adesso mi divido tra l’Italia e l’America sia per ragioni lavorative che familiari. A New York ho fallito, lavorando in due-tre produzioni che non mi hanno restituito nulla. È a Napoli che, invece, ho fatto l’incontro che mi ha profondamente cambiato la vita, con Lucio Meglio, il grande gallerista che ha portato Andy Warhol e tantissimi artisti a Napoli.

A proposito di Warhol, ti ha dedicato un ritratto che ha aggiunto alla sua collezione. Che uomo era?
Lo vedevo che un uomo dalla quale imparare moltissimo, ma anche come una persona squisita. In quegli anni, con Mimmo Palladino ed altri artisti italiani e internazionali, ho conosciuto il mondo dell’arte che mi ha regalato una nuova accademia di mentalità artistica per aprire la mente in un’altra direzione. Studiavo la vita da grandi artisti e come percepire la mia in una chiave diversa. Poi con “Falso movimento” gruppo storico di Napoli composto da Mario Martone, Angelo Curti e Pasquale Mari e Andrea Renzi, i quattro fondatori, ho cominciato a collaborare con loro. Abbiamo avuto grande successo. Facevamo vero  teatrod’avanguardia. Napoli mi ha rivoluzionato la vita. Abbiamo fatto tourné da tre, cinque, sette mesi in tutto il mondo con la compagnia provvedendo ad ogni cosa, dalla scenografia fino all’interpretazione dei personaggi. “Falso movimento” è poi diventato “Teatri Uniti” di cui Toni Servillo è direttore artistico.

È paradossale che da americano tu sia venuto a Napoli cominciando una carriera teatrale che poi ti ha riportato negli States, a Hollywood…
Si, dopo quelle esperienze ognuno ha trovato la propria strada, da Tony fino a me che sono tornato in America per tentare la strada del cinema.
Qui a Napoli hai tantissimi amici e colleghi, tra i quali Pappi Corsicato, Paolo Sorrentino col quale hai lavorato ultimamente in “The New Pope”, Toni Servillo con cui sei cresciuto artisticamente. Che ricordo hai di loro? Li senti spesso?
Tutti quelli usciti dalla scuola di Napoli hanno poi avuto un grande successo. Io credo molto nella canzone di Pino Daniele “Anema e Core” e Napoli mi ha trasformato come artista e come uomo: “Mi sono spellato della mia anima” nel corso degli anni col mio lavoro. Con Paolo ci sentiamo sempre, è un grande professionista che lavora tantissimo e che contraddice la visione che hanno all’estero rispetto all’idea che a Napoli si lavoro poco. È vero il contrario. A Napoli bisogna lavorare di più perché è tutto più difficile. Persino quando abbiamo cominciato, il patto era non accettare favori e soldi da nessuno, tantomeno dai partiti politici, ma di fare da soli.

Ci raccontaci il tuo rapporto con Russell Crowe?

Lo paragono a Toni Servillo. Vengono tutti e due da paesini di provincia, l’uno di Caserta, l’altro da una piccola località della Nuova Zelanda. Entrambi sono dei grandissimo professionisti, preparatissimi, grandi lavoratori, estremamente disciplinati. Per me i due migliori della storia probabilmente. Toni si trasforma in ogni personaggio che interpreta, con grande disciplina, apertura e passione per la recitazione. Lo stesso fa Russell. Non crediate che sia uno sbandato come raccontano i giornali e le Tv, non è assolutamente vero, anzi, come Kevin Coster è il ragazzo della porta accanto ed è di una professionalità impressionante.

Ecco, dicci di più di Costner…

Durante “Guardia del Corpo” stavo morendo a Miami durante le riprese per una peritonite aggravata e lui mi è venuto a trovare in ospedale, dimostrando una grande umanità.

L’intervista è, poi, continuata con un intervento telefonico del regista, Giuseppe Alessio Nuzzo, che gli ha chiesto come continuare a lavorare, da attori, in quarantena… 
Arana ha risposto, serafico, che l’attore non ha bisogno di luoghi fisici per esercitarsi e non deve trovare scuse per non allenarsi. Tutti i grandi del cinema lavorano 24 ore al giorno sul personaggio e in qualsiasi condizione o avversità: “Quando è morta mia madre sono andato sul set il giorno dopo. L’unica volta che mi sono assentato dal set è stato a Miami come ti dicevo, ma stavo per morire.”

Tomas, siamo in conclusione, sei tifoso del Napoli?
Ma certo che si! ho vissuto a Napoli all’epoca di Maradona e per me sono stati anni indimenticabili.

Vogliamo lasciare un messaggio ai napoletani?

Andiamo avanti che questo è un periodo di transizione che presto passerà. Non ci abbandoniamo all’ozio che i veri problemi sono altri, continuiamo a lavorare e a fare del nostro meglio, a godere e vivere nel presente. Ma soprattutto, e mi rivolgo alle istituzioni, dobbiamo risollevare le sorti di tutti gli operatori del mondo dello spettacolo a tutti i livelli perché dietro lavora una macchina fatta di macchinisti e addetti ai lavori che contano tante famiglie. Tutti loro hanno bisogno di un aiuto per andare avanti, stanno compiendo un grande sforzo e lo meritano.   

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