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Sapete perché si diceva “Sigarette cu ‘o sfizzio”?

L’espressione nacque a Napoli a fine ‘800 quando per acquistare le sigarette di contrabbando il cliente poteva prendersi il gusto "aggiunto" di cercare la merce nascosta sotto le vesti della donna contrabbandiera palpeggiandole seni, ventre e cosce

Perchè si diceva “sigarette cu 'o sfizzio”? A spiegarcelo è il libro “Come se penza a NNapule. 2500 modi di dire napoletani", commentati da Raffaele Bracale e a cura di Amedeo Colella.

Letteralmente significa “sigarette con lo sfizio”. Il termine “sfizio” (voce che si ritiene pervenuta nel lessico italiano dalla voce meridionale “sfizzio”) indica un capriccio, una voglia, fino ad un gusto, un grillo, un ghiribizzo, ma anche una intensa voglia di un desiderio a lungo covato e finalmente raggiunto, ecco che l’espressione in epigrafe parrebbe quasi sostanziare una tautologia essendo già di suo la sigaretta uno sfizio.. Come sarà chiarito di qui a poco non è ovviamente così, volendosi indicare con il termine “sfizio” dell’epigrafe, un capriccio, una voglia di natura diversa da quella della sigaretta in sé. Occorre sapere che con la voce “sigarette” (che in napoletano più che derivato dal francese cigarette” (donde l’italiano "sigaretta") pare derivato, come diminutivo femminile, dallo spagnolo cigarro (di cui conserva la doppia liquida r) a sua volta derivato da una voce maya (Mexico) jigar, non si intendono esclusivamente i pacchetti di rotoloni cilindrici di tabacco trinciato che si fuma avvolto in un foglietto di carta sottile a lenta combustione, quanto i medesimi pacchetti (soprattutto i tabacchi esteri) venduti, fino a pochissimi anni orsono, di contrabbando, in barba alla Finanza, quasi ad ogni angolo di strada dei più popolari quartieri, ed in particolare nella famosissima via Forcella, regno incontrastato dei contrabbandieri che vi commerciavano oltre che i tabacchi importati clandestinamente, la più svariata merce immessa sul mercato eludendo tasse e balzelli. Alla luce di ciò si può comprendere la portata dell’espressione in epigrafe con lo sfizzio enunciato.

L’espressione nacque a Napoli sul finire dell’‘800 ed il principio del ‘900 quando le donne (e tra di esse le contrabbandiere) solevano indossare ampie sottane con grossi grembiuli provvisti di tasche ed ampi corpetti abbottonati o allacciati sul davanti del busto; tali contrabbandiere, al fine di ingannare i finanzieri (che però conoscevano la manfrina e spesso profittavano dell’occasione..), celavano i pacchetti di sigarette nelle tasche del grembiule e più spesso tra i seni, nel corpetto o infine infilati nelle calze sorrette da elastici o giarrettiere, consentendo agli avventori - contro un piccolo aumento di prezzo - di prelevare con le proprie mani la merce cercandola nei corpetti slacciati all’uopo, nelle tasche, che insistevano sul basso ventre, del grembiule o - tirate su le gonne (cosa a cui provvedevano le medesime contrabbandiere) - frugando nelle calze; in tal modo gli avventori compravano sigaretta prendendosi il gusto aggiunto ‘e pigliarsi ‘nu passaggio (si toglievano cioè il gusto aggiunto, un ulteriore sfizio consistente nel palpeggiare più o meno furtivamente i seni, il ventre o le cosce delle consensienti contrabbandiere).

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