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Cultura

Paolo Bonolis: «Napoli città elegante, dal cinismo pieno di grazie»

Il celebre conduttore presenta a Napoli il suo primo libro, tra aneddoti e spunti di riflessione su come vivere con leggerezza essendo un po’ più analogici

«Invecchiando vengono meno delle potenzialità ma ne acquisti altre. Ci si prende più tempo. Soprattutto ti puoi permettere di dire ciò che vuoi, senza stress da carriera» è una delle considerazioni di Paolo Bonolis che affiora parlando di uno dei capitoli di Perché parlavo da solo, il suo primo libro edito da Rizzoli presentato al Teatro Diana di Napoli. Entra in scena come se fosse in uno show con quella sua ironia con cui ha creato il suo stile di fare televisione, intrattenendo il pubblico presente in sala, qualcuno venuto anche da Palermo, composto da generazioni diverse dagli adulti ai ragazzi, bimbi compresi, del resto, in quasi 40 anni di carriera Paolo Bonolis ha cavalcato i generi più diversi avvicinando tanti tipi di spettatori, dove i più piccoli hanno sempre avuto un ruolo fondamentale basti pensare a programmi come Chi ha incastrato Peter Pan? e, naturalmente, Bim Bum Bam la trasmissione che probabilmente gli hanno aperto le porte della tv.

E anche nel libro c’è un’attenzione che va verso i più giovani, dedicata in particolar modo ai suoi cinque figli, è per loro che nasce questo libro, che sono una raccolta di pensieri scritti negli anni un po' per aggirare ciò che lui credeva essere una patologia, ossia, parlare con se stesso, riflettendo su vari argomenti che vanno dalla politica al suo rapporto con la fede; al suo lavoro in televisione dove, non dedica più di due capitoli a quello, per poi raccontare gli incontri più importanti fatti nella vita privata e sul lavoro dove ci sono alcuni dei suoi idoli come Alberto Sordi, Bud Spencer, Corrado e Mike Buongiorno con le sue leggendarie gaffes. Tanti sono gli aneddoti molti dei quali raccontati con sagacia e quella certa sfrontatezza di chi decide di parlare senza giri di parole in quanto Perché parlavo da solo vuole essere un libro senza ipocrisie parlando a cuore aperto, dicendo anche cose che potrebbero far storcere il naso: << Ho cercato di non essere ipocrita dicendo ai miei figli di badare ai loro sogni e di lasciare perdere le illusioni che ci sono iniettati dagli altri. Oggi i ragazzi sono troppo digitali. Devono formarsi con l’analogico per scoprire il sapore della fatica e interagire con le persone senza schermi anche per scoprire che individui saranno».

Non manca la politica vista un po' come una realtà aziendale in cui al centro non c’è più il cittadino, soprattutto c’è la famiglia parlando apertamente dei problemi motori della figlia di 17 anni Silvia che gli ha cambiato la percezione del mondo: «Sono orgoglioso di lei, Ha partecipato alle Olimpiadi Speciali vincendo la medaglia d’oro. La nascita di Silvia mi ha smussato l'arroganza. Se si andasse una volta l’anno in un reparto d’ospedale sarebbe terapeutico, cambierebbe la percezione della vita. Ci si liberebbe di molte inutilità e di tanti problemi inesistenti che ci creiamo da soli».

L’invito alla leggerezza di Bonolis passa attraverso quel suo cinismo buono, cinismo buono, un disincanto che racchiude una filosofia che aiuta a snellire le cose e che passa anche raccontando alcuni episodi della sua vita non presenti nel libro insieme a Lucio Presta, suo storico agente, intervenuto insieme al giornalista Franco Di Mare che ha moderato l’incontro al Teatro Diana. Tra questi c’è quando è stato convocato a Palazzo Grazioli dall’allora Premier Silvio Berlusconi per proporgli di essere il portavoce di Forza Italia e al quale rispose: “Presidé, io la ringrazio per la fiducia ma io non l’ho nemmeno votata…”

Dietro tutte queste storie che si susseguono uno dietro l’altro con quella velocità verbale dei concetti che spesso lo accompagnano nella sua conduzione emerge in pieno il suo senso della vita in cui lui si ritaglia il ruolo da mediano, figura che nel calcio, sport che da sempre lo affascina, gli è più congeniale: «Il mediano si fa carico di tutto. Tutti gli vogliono bene. Poi è faticoso. Quindi conferisce più valore. Mi piace essere mediano. Nella vita mi piace proteggere esserci per gli altri, dedicarmi agli altri. Sei in tutte le pagine della vita. A me piacciono i giochi di squadra e se sì applicasse nella realtà sociale vivremmo tutti meglio».

Tra risate, prese in giro, citazioni letterarie e cinematografiche emerge a tutto tondo Paolo Bonolis ciò che gli piace e ciò che detesta. Ecco che appare la sua visione romantica di Napoli: «Io ho origini campane. Mia madre è di Salerno. Napoli e Roma hanno la stessa ironia, forse anche lo stesso cinismo, ma Napoli è elegante. Nel suo cinismo c’è grazia, cosa che Roma non ha. Roma è più greve più bizzarra nella sua volgarità ma alleggerisce».

Alleggerire per vivere meglio, vedere le cose con il giusto distacco è stato il punto di svolta per Paolo Bonolis e non si può fare a meno di chiedergli, quanto, parlare con se stesso l’abbia aiutato nei momenti cruciali?: «Lo è stato e anche molto di aiuto. Si cerca di capire la chimica di ciò che accade è un laboratorio di analisi utile per affrontare le cose e anche per decidere cosa fare. La solitudine aiuta molto a vedere le cose nella giusta prospettiva. Poi qualcosa nella vita bisogna fare prima di morire. Il libro è una serie di pensieri puntellati da vicende reali. E’ sincero e spero che questo arrivi, solleticando la riflessione in coloro che lo leggeranno anche se non si sarà d’accordo con quello che ho scritto».

I ricavati di Perché parlo da solo andranno al Ce.R.S. una onlus per sostenere i bambini con gravi patologie.

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