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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cultura Avvocata / Piazza Museo

Museo Archeologico Nazionale, un altro primato firmato Borbone

Voluto da Carlo III, è uno dei primi costituiti in Europa e tra i più ricchi di reperti: l'edificio che lo ospita fu prima caserma di cavalleria e poi sede universitaria

Il monumentale palazzo di fine Cinquecento che oggi ospita il Museo Archeologico Nazionale di Napoli fu prima una caserma di cavalleria - posta immediatamente al di fuori della cinta muraria cittadina, il suo ingresso era su via Santa Teresa degli Scalzi - e poi, dal 1616 fino al 1777, sede dell’Università, il “palazzo dei Regi Studi”: dalla fine del Settecento nelle sue stanze si inizia a costituire uno dei primi musei d’archeologia d’Europa e certamente uno dei più ricchi al mondo per numero di reperti. Negli ultimi anni il Museo ha pian piano riaffermato la propria storica identità, superando, nel 2016, i 450mila visitatori.

A volerlo fu, neanche a dirlo, Carlo III di Borbone, sul trono del Regno di Napoli dal 1734 e attentissimo alle politiche culturali del suo Regno. Fu il sovrano a promuovere l’esplorazione delle città vesuviane sepolte dall’eruzione del 79 d.C. (esplorazione iniziata nel 1738 a Ercolano e nel 1748 a Pompei) curando la realizzazione, in città, di un Museo Farnesiano: al suo interno fece trasferire dalle residenze di Roma e Parma parte della ricca collezione ereditata dalla madre Elisabetta Farnese. Fu suo figlio Ferdinando IV però a riunire in un unico luogo – l’attuale sede – i due nuclei della Collezione Farnese e della raccolta di reperti vesuviani già esposta nel Museo Ercolanese all’interno della Reggia di Portici, oltre alla biblioteca ed alle scuole di Belle Arti.

L’edificio fu sottoposto a una importante ristrutturazione e all’ampliamento a opera degli architetti Ferdinando Fuga e Pompeo Schiantarelli. Nel decennio della dominazione francese (1806-1815) furono realizzati i primi allestimenti e con il ritorno dei Borbone a Napoli nel 1816 assunse la denominazione di Real Museo Borbonico. Le collezioni del Museo, divenuto Nazionale nel 1860, sono andate arricchendosi con l’acquisizione di reperti provenienti da siti della Campania e dell’Italia Meridionale e dal collezionismo privato. Gravi danni si ebbero con il terremoto del 1930: partì subito un progetto di rimessa a nuovo, al punto tale che l’edificio riuscì a resistere ai bombardamenti fra il 1940 e il 1943, sicuramente anche grazie ad uno speciale segno dipinto sui tetti che lo facevano individuare quale obiettivo da non colpire. Malgrado questa accortezza, il Museo non fu indenne da attacchi: non soltanto dei tedeschi, ma anche durante le Quattro giornate di Napoli: il soprintendente, benché con una gamba ingessata, si barricò nel museo impedendo a chiunque di accedervi e allo stesso modo lo difese all’arrivo degli alleati.

Il trasferimento della Pinacoteca a Capodimonte, avvenuto nel 1957, conferisce al museo la sua natura esclusivamente archeologica. All’interno sono esposti oltre tremila oggetti (che meriteranno un approfondimento a sé) in varie sezioni tematiche e conservati centinaia di migliaia di reperti databili dall’età preistorica alla tarda antichità, a partire dalla collezione Farnese (costituita da reperti provenienti da Roma e dintorni) appartenuta alla dinastia reale dei Borbone, la collezione egizia che, per importanza, si colloca nel mondo al terzo posto dopo quella del museo egizio del Cairo e dopo il museo egizio di Torino, la collezione Borgia, la Santangelo, la Stevens, la Spinelli ed altre. Moltissimi i reperti rimasti a lungo nei depositi: l’attuale riorganizzazione, partita nel 2012, li reinserirà nel circuito museale. Tra questi, la sezione Magna Grecia, quella Cumana (costituita da vasi greci), l'epigrafica ed una ricca parte della statuaria pompeiana: si stima che i pezzi in deposito siano in quantità tre volte superiore rispetto a quelli attualmente visibili al pubblico e che occupino tre livelli dei sotterranei del palazzo ed un piano del sottotetto.

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