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Cultura Pendino / Via Bartolomeo Capasso

A Largo San Marcellino l’unico monastero benedettino di Napoli

La Chiesa dei Santi Severino e Sossio nei suoi tre chiostri ospita la sede dell'Archivio di Stato

È uno dei complessi monastici più grandi di Napoli e soprattutto è l’unico monastero benedettino della città: a Largo San Marcellino, lì dove inizia via Bartolomeo Capasso, sotto il Decumano inferiore, si trova la chiesa dei Santi Severino e Sossio. Le chiese, in realtà, sono due, ma quella inferiore, del Quattrocento, non è visitabile. Il complesso conta anche tre chiostri monumentali (Chiostro di marmo, Chiostro del Platano e Chiostro del Noviziato), un refettorio, una sala capitolare e due giardini. Il ciclo di affreschi di Antonio Solario del Cinquecento riprendente le Storie della vita di san Benedetto, nel chiostro del Platano, è una delle più importanti testimonianze artistiche sulla vita santo. Nei chiostri è inoltre ospitato dal 1835 l'archivio di Stato: volumi, opuscoli, manoscritti, atti ufficiali, pergamene e documenti, oltre 50.000 metri lineari di scaffalature riguardanti la città di Napoli dal X secolo all'epoca moderna.

Il monastero fu fondato dai benedettini nell’843, che a seguito delle incursioni saracene abbandonarono il vecchio monastero situato sulla collina di Pizzofalcone. Di lì a poco vi furono portate prima le reliquie dell’abate San Severino, poi quelle di San Sossio. In questi resti, in realtà, i monaci incapparono per caso, mentre erano alla ricerca di materiale per costruire la chiesa tra i ruderi del Castello di Miseno. Sossio era stato infatti decapitato proprio a Pozzuoli, insieme a San Gennaro, durante le persecuzioni di Diocleziano. Alla fine del Quattrocento la chiesa fu ampliata e grazie a una donazione di Alfonso II d’Aragona i monaci poterono proseguire i lavori, che però si fermarono per circa 50 anni e poi ripresero.

Tra il 1560 e il 1570 fu eseguito, sul retro dell’altare maggiore, un coro ligneo che in breve divenne un modello per gli intagliatori di legno di fine Cinquecento, una vera e propria enciclopedia dell'ornato e degli intagli. Della struttura originale però mancano alcune statue, che sono state trafugate. Gli affreschi della navata e del transetto furono commissionati nel Seicento a Belisario Corenzio, mentre la progettazione dell’altare maggiore fu affidata a Cosimo Fanzago. Nel Settecento, i dipinti di Corenzio furono sostituiti da un ciclo di affreschi e tele firmati Francesco De Mura, che portò così a Napoli lo stile Rococò, di derivazione francese. Espulsi i benedettini, nel 1799 fu occupato dai sanfedisti e divenne nel 1813 collegio di Marina. Oggi la chiesa si mostra a croce latina ad unica navata, con una profonda abside rettangolare, sette cappelle per lato e un pavimento marmoreo del 1500. Molte parti lignee, danneggiate da infiltrazioni d’acqua e da un’invasione di termiti, sono state di recente restaurate e riportate all’antico splendore.

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