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Cultura Poggioreale / Piazza Enrico de Nicola

Santa Caterina a Formiello: si chiama così per la vicinanza al “Formale reale”

La chiesa cinquecentesca fu costruita nei pressi di un pozzo dell'acquedotto della Bolla: sul sagrato l'edicola di San Gennaro

La Chiesa di Santa Caterina a Formiello fa parte dell’omonimo complesso, un luogo incredibile che in sé ne contiene mille altri, la cui storia si perde tra ricostruzioni incomplete e molte ancora in corso. Un enorme spazio che ha origine proprio dall’edificio religioso sorto nel Cinquecento in piazza Enrico De Nicola, adiacente a porta Capuana e al Castel Capuano. Sorta su una precedente e più piccola chiesa dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, vergine e martire, costruita sul finire del Quattrocento assieme all'annesso convento affidato inizialmente al governo dei frati celestini. La chiesa custodisce sin dalla sua fondazione le reliquie appartenenti ai Martiri d’Otranto, uccisi dai Turchi il 14 agosto 1480 per non aver rinnegato la propria fede: i corpi furono traslati da Alfonso II di Napoli prima nella chiesa della Maddalena e poi, al ritorno delle monache, nell'antica chiesetta di Santa Caterina.

La dicitura “a formiello” – che la chiesa ha acquisito da subito – deriva dal latino ad formis, ossia presso i condotti, perché nei suoi pressi si trovava uno scomparso pozzo dell'antico acquedotto della Bolla, sostituito definitivamente, a fine '800, dal nuovo acquedotto del Serino. Il re Federico d'Aragona nel 1499 concesse la chiesa di Santa Caterina ai padri domenicani della Congregazione riformata di Lombardia, che ricostruirono l'attuale edificio sacro e lo tennero senza interruzione fino al 1806, quando fu decretata la soppressione del monastero per volontà di Gioacchino Murat. A partire dal 1815, per volere del nuovo re di Napoli Ferdinando I delle Due Sicilie, gran parte del monastero fu riadattato a nuovi usi, tra cui quello di lanificio militare (questa storia, come quella del chiostro, merita un approfondimento a parte). La chiesa subì gravi danni con il terremoto dell'Irpinia del 1980, e fu oggetto di altrettanto importanti restauri.

La chiesa che vediamo oggi fu dunque costruita all’inizio del Cinquecento su un progetto attribuito ad Antonio Fiorentino della Cava ed eseguito dall'architetto settignanese Romolo Balsimelli: primo elemento ad essere terminato, nel 1514, fu il chiostro grande del monastero. I proventi per la costruzione arrivarono da diverse famiglie nobiliari della città, tra le quali gli Acquaviva d'Atri, i Sanseverino di Bisignano e gli Spinelli di Cariati, ai quali verrà concesso di avere una cappella persino nella zona presbiteriale. Tra il 1706 e il 1708 sul sagrato fu eseguita per commissione della Deputazione del Tesoro l'edicola di San Gennaro, il cui busto fu opera di Domenico Antono Vaccaro.

L'interno è a croce latina ad una navata, coperta a botte e su cui si aprono le cappelle, cinque per lato con copertura a botte e a base pressoché quadrata. Al centro della chiesa si apre sul pavimento un accesso alla cripta delle consorelle del Santissimo Rosario; l'apertura avviene in corrispondenza di una lapide che si trova al centro della navata principale, dove sono raffigurate in stiacciato quattro donne in preghiera con il rosario tra le mani. Scesi nella cripta si possono ancora riconoscere i resti di due scheletri di donne che stringono un rosario tra le mani, una delle quali è posta ai piedi di un altare sormontato da un affresco della Madonna del Rosario. Con la vicina chiesa di San Giovanni a Carbonara, Santa Caterina a Formiello è una delle chiese di Napoli entrate a far parte della città vera e propria, oltre il muro di cinta, nel XV secolo.

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