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Cultura

Aspettando Godot Da martedì 16 febbraio 2010 al Teatro Nuovo

L’opera beckettiana nella messinscena di Lorenzo Loris: sul palco i personaggi appaiono immersi in un paesaggio postatomico, tra clochard, gru e scavatrici. Aspettando Godot sarà in scena da martedì 16 febbraio 2010 al Teatro Nuovo

Dopo aver ottenuto larghi consensi di pubblico e critica, debutterà a Napoli, martedì 16 febbraio 2010 alle ore 21.00, al Teatro Nuovo, Aspettando Godot di Samuel Beckett,nella traduzione di Carlo Fruttero e la regia di Lorenzo Loris.
Lo spettacolo, presentato dal Teatro Out Off di Milano, fa parte del ciclo di appuntamenti promossi dal Teatro Stabile con la storica sala di Via Montecalvario nell’ambito del programma di collaborazioni teatrali nel territorio, e all’interno del progetto Shakespeare / Beckett.

Ne saranno interpreti, in scena, Gigio Alberti, Mario Sala, Giorgio Minneci, Alessandro Tedeschi, Davide Giacometti.
Le scene sono a cura di Daniela Gardinazzi, i costumi di Nicoletta Ceccolini, la consulenza musicale di Andrea Mormina, il disegno video di Dimitris Statiris e Fabio Cinicola, le luci di Luca Siola.

Pubblicato nel 1952 in lingua francese, poi tradotto in inglese, è il più celebre capolavoro di Samuel Beckett, quello che gli è valso il Premio Nobel per la letteratura nel 1969. Niente trama, nessuna storia da raccontare, ma solo un continuo susseguirsi di battute, apparentemente sconclusionate, che fanno luce sulla fragilità umana. Sono i dialoghi fra Didi e Gogo che incantano e interrogano lo spettatore sul senso della vita e sul “se” abbia un senso la vita. Tensione continua e angosciosa tra il finito della condizione umana e l’infinito che – Dio o Godot – continuamente ci promette.
Dopo l’apprezzata messa in scena di Finale di partita nel 2003, Lorenzo Loris si misura con il capolavoro beckettiano, attrezzandosi come sempre, ma forse in questo caso con maggior consapevolezza e attenzione, a restituire il testo nella sua potente e devastante forza teatrale, cercando, come il regista stesso afferma “dentro le regole che Beckett impone” la libertà della propria interpretazione.

Sul palcoscenico, con un'illuminazione color sabbia, c'è soltanto un albero senza foglie, composto di tondini da cantiere, dalla cui ruggine, nel secondo atto, nascono germogli. Dietro, uno schermo che proietta gli eterni lavori di ruspe meccaniche, un continuo e incessante smuovere la terra, che sembra non aver alcuno scopo: niente da costruire, nessun tubo da istallare, nessuna azione da compiere.

Samuel Beckett è considerato l’autore che più ha innovato il teatro del Novecento sia per quanto riguarda la forma del dramma che i suoi contenuti, divenendo un riferimento imprescindibile per tutto il teatro contemporaneo. Il punto di unione fra le diverse opere di Beckett è la solitudine dell'uomo moderno che si trova ad affrontare la perdita di Dio in una condizione di rassegnazione, potenza e ignoranza incolmabili, e senza avere assolutamente modo di comunicare con qualcuno.

Dopo mezzo secolo dalla sua pubblicazione, Aspettando Godot può rappresentare, nelle nostre metropoli multietniche, l'emblema di una società in cui l'uomo vive una dimensione spersonalizzante e raggiunge il paradosso di sentirsi solo in mezzo alla moltitudine.
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