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Arturo: "Non chiudete in cella i miei aggressori, fateli studiare"

Arturo Puoti ha lo sguardo di un giovane vecchio. Di chi ha già tanto da dire, da raccontare. A ogni domanda pesa le parole, non parla mai con rabbia, nei suoi discorsi c'è lucidità, mai livore. Eppure, quel taglio alla gola che rischiava di ucciderlo è ancora li, ben visibile, a imperitura memoria. 

Sono passati quasi 11 mesi dall'aggressione che questo ragazzo ha subito in via Foria da parte di una babygang. Venerdì scorso, la sentenza di primo grado per O' nano e gli altri teppisti minorenni: 9 anni e tre mesi di reclusione. Il pm ne aveva chiesti 16 per il capobanda e 12 per gli altri due. "In un primo momento mi sembravano pochi. Poi, però, sia razionalmente che aritmeticamente ho capito che con il rito abbreviato i conti tornano. Non ho vissuto la sentenza con molta tensione, ero in visita guidata, pensavo ad altro". 

Se nove anni sia un tempo giusto, Arturo non lo sa. Ascolta la domanda, ci pensa, e poi dice: "Dipende". Da cosa? "Se passeranno questo tempo in cella non servirà a nulla. Se invece impiegheranno il tempo per lavorare o per studiare, forse questi anni serviranno per reinserirli in società".

Il tempo non ha diradato la nebbia che avvolge quei momenti. Arturo ha ancora difficoltà a ricordar quegli attimi: "Ricordo bene il prima, mentre iniziava l'aggressione e poi ricordo di essermi svegliato in ospedale. In mezzo ci sono solo immagini, flash, non riesco a ricordare nitidamente". Il ragazzo, che quest'anno sosterrà la maturità, trasuda calma e consapevolezza. E sempre con estrema calma e senza alcun odio, ammette di non essere pronto a perdonare i suoi aggressori: "Perché dovrei? Loro non si sono pentiti. Mi raccontano di scene in tribunale dove si sono scaricati la colpa a vicenda. Se loro non si pentono di ciò che mi hanno fatto perché io dovrei perdonarli". 

Nlla sua mente, oltre alla scuola, c'è la consulta provinciale degli studenti, una cosa cui tiene molto: "Parliamo di babygang e violenza. Ora ci stiamo ancora organizzando, ma abbiamo molte idee per eliminare quegli aspetti su cui mangia la criminalità organizzata. Io sono nella commissione anticamorra". Ha le idee chiare anche sul perché i giovani non denunciano le aggressioni che subiscono: "Ci sono quelli che hanno paura di ritorsioni e quelli che invece difendono i propri interessi. Ai primi suggerisco sempre di denunciare". 

Arturo oggi parla bene e sembra aver superato il peggio: "Ho riconquistato un po' di normalità. A volte, le difficoltà fisiche e psicologiche si ripresentano. Però non posso proprio lamentarmi".    

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