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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Torre annunziata / Rampa Nunziante, 15

Processo per il crollo di Rampa Nunziante con otto vittime: chiesti oltre 78 anni di carcere

Richieste condanne durissime per la tragedia di Torre Annunziata

Pene durissime richieste ai danni di coloro che sono considerati gli autori dei lavori all'interno del palazzo di Rampa Nunziante, crollato il 7 luglio 2017, provocando la morte di otto persone. Secondo il pm Andreana Ambrosino le responsabilità maggiori vanno ascritte ai direttori dei lavori sia al primo ma soprattutto al secondo piano dello stabile. Sarebbero stati proprio quest'ultimi, secondo la ricostruzione dell'accusa, ad aver provocato i danni maggiori allo stabile e a provocarne il drammatico cedimento. La pena più grave è stata richiesta ai danni di Masimiliano Bonzani che la procura di Torre Annunziata ritiene essere il direttore ufficiale dei lavori al primo piano ma soprattutto quello occulto degli interventi al secondo piano. Ai suoi danni il sostituto procuratore ha chiesto 14 anni di reclusione, interdizione dai pubblici uffici e dall'attività professionale per la durata di cinque anni. L'altro “protagonista” delle condotte peggiori secondo l'accusa è Aniello Manzo che è stato ritenuto il braccio destro di Bonzani seguendo anch'egli i lavori di entrambi gli appartamenti e le intere vicende del palazzo. Ai suoi danni l'accusa ha chiesto 13 anni di reclusione e le stesse interdizioni del collega architetto.

I lavori al secondo piano 

Altri due elementi di spicco della vicenda sono ritenuti Gerardo Velotto, il committente dei lavori al secondo piano, in quello che sarebbe dovuto diventare il suo appartamento, e Pasquale Cosenza, il “mastro” che li ha realizzati. Velotto è stato considerato dal pm pienamente responsabile sia della commissione dei lavori che delle condotte omissive rispetto alla sicurezza degli stessi. Peraltro la Ambrosino ha fatto notare come si trattasse di un soggetto rissoso che avrebbe reagito in malo modo alle lamentele di alcuni condomini aggredendo addirittura Giovanni De Felice per aver parcheggiato l'auto nel posto che lui riteneva dovesse servire alla rimozione dei detriti dal cantiere. Cosenza, invece, viene ritenuto colui che ha seguito i lavori in spregio a tutte le norme di sicurezza vigenti mettendo a rischio l'incolumità dei condomini. Ai danni di entrambi sono stati invocati 11 anni e cinquemila euro di multa.

La posizione dei penalisti 

Particolarmente rilevanti sono state ritenute le posizioni dei due penalisti coinvolti nella vicenda, Massimo Lafranco e Roberto Cuomo. Pur con ruoli diversi, Lafranco viene considerato proprietario di fatto dell'immobile al secondo piano mentre Cuomo è l'amministratore del condominio, l'accusa li considera pienamente a conoscenza di tutti gli accadimenti all'interno del palazzo e di tutte le notizie relative alla sua gestione e ai lavori al secondo piano. Secondo il magistrato il loro grado di colpa sarebbe particolarmente alto in relazione al fatto che hanno conoscenze superiori alla media in virtù della loro professione svolta all'interno dello stesso studio. Per entrambi il pm ha chiesto una condanna a nove anni e otto mesi di reclusione. Coinvolte nella vicenda anche le due mogli, Rosaria Vitiello e Ilaria Bonifacio. Entrambi rispondono solo di false attestazioni e il loro ruolo viene considerato di secondo piano rispetto a quello dei mariti. Per questo motivo sono state riconosciute loro anche le circostanze attenuanti e sono stati invocati un anno e quattro mesi.

Le false attestazioni e i reati edilizi 

Per le false attestazioni relative ai contratti preliminari e definitivi del palazzo, che doveva essere considerato abusivo, sono state richieste pene anche per gli storici proprietari dello stabile. Si tratta di Rita e Giuseppe Bongiovanni e Roberta Amodio per i quali sono stati invocati un anno e quattro mesi di reclusione mentre per Donatella Bongiovanni, solo un anno. Per quanto riguarda, invece, i reati edilizi sono stati chiesti un anno e quattro mesi d'arresto e 36mila euro di ammenda ai danni di Marco Chiocchietti e un anno e 31mila euro di ammenda ai danni di Mario Cirillo. Chiesta, invece, l'assoluzione per Emilio Cirillo e Luisa Scarfato, oltre che per alcuni reati anche per Roberto Cuomo. Toccherà adesso alle difese provare a smontare il castello accusatorio eretto in aula dal pubblico ministero.

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