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Cronaca

Il ragù napoletano deve "pippiare": una cottura lenta per un incontro con i pensieri

Deve cuocere a lungo, lentamente, "sbuffare", sobbollire finché avrà raggiunto la giusta intensità di sapore. Una bolla per volta, senza fretta, per un piatto della tradizione che esprime pazienza e riflessione

Qualunque napoletano che si rispetti potrà dirvi che il vero ragù partenopeo deve "pippiare", "addà pippià". Deve cuocere a lungo, lentamente, "sbuffare", sobbollire finché avrà raggiunto la giusta intensità di sapore. Come per ogni piatto della tradizione, ogni famiglia avrà il suo segreto, la sua ricetta che si tramanda da anni, ma sul "pippiare" del sugo in cottura troverete tutti d'accordo.

"Pippiare", spiega il dizionario culinario del Corriere, significa anche “pensare”. "Il termine indica un tipo di cottura prolungata e a fuoco lento di un umido, un intingolo o una salsa. Ma pippiare è anche il caratteristico sbuffo del ragù che, sobbollendo, libera una bolla per volta".

Una bolla per volta, per un piatto della tradizione che esprime pazienza e riflessione. Un incontro con i pensieri, da fare senza fretta. Con un odore (tipico soprattutto delle domeniche partenopee) che, man mano che passa il tempo, si diffonde per tutta la casa e riempie l'aria di un profumo familiare e rassicurante.

Persino il grande Eduardo de Filippo dedicò una poesia a questo "piatto-istituzione" dal titolo "'O rraù"

'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun sogno difficultuso;
ma luvàmell''a miezo st'uso.
Sì, va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avèssem' appiccecà?
Tu che dice? Chest'è rraù?
E io m'a 'o mmagno pè m' 'o mangià...
M' 'a faje dicere na parola?
Chesta è carne c' 'a pummarola.

E così, in effetti, è: il ragù napoletano non è semplice carne con il pomodoro.

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