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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Ruotolo, 14 anni dopo: ergastolo per l'autista dei killer

Nel giugno del 97 Mario Cerbone guidò una delle auto con cui gli assassini della donna raggiunsero salita Arenella. Vero obiettivo era Salvatore Raimondi, affiliato ai Cimmino e avversario del clan Alfieri

È arrivata la conferma: condanna all'ergastolo per Mario Cerbone, l'uomo che nel giugno del 1997 guidò una delle auto con cui gli assassini di Silvia Ruotolo raggiunsero salita Arenella. A stabilirlo, la III sezione della Corte d’assise d’appello. Una lunga vicenda: per due volte, infatti, la Cassazione aveva annullato le sentenze emesse dai giudici di appello (una di condanna all’ergastolo, una di assoluzione) disponendo un nuovo processo.

Oggi il boss del Vomero Giovanni Alfano e l’affiliato Raffaele Cacace stanno scontando l’ergastolo. Venti anni la condanna inflitta a Raffaele Rescigno, altro autista del commando, e ventisei per Rosario Privato, il pentito che con le sue dichiarazioni consentì agli investigatori di ricostruire retroscena ruoli dell’agguato nel quale fu ucciso anche il pregiudicato Salvatore Raimondi e ferito Luigi Filippini.

Il boss Alfano, che in quel momento stava combattendo una dura guerra contro il suo rivale Luigi Cimmino, intendeva eliminare proprio Raimondi, uomo di Cimmino. Ma in salita Arenella i killer spararono decine di proiettili e uno raggiunse al capo Silvia, 39 anni. Illeso, fortunatamente, il piccolo Francesco di cinque anni, che la donna era andata a prendere all’asilo. Dal balcone osservò tutta la scena l’altra figlia Alessandra, di dieci anni.

Per le sue rivelazioni, Rosario Privato pagò un prezzo altissimo: l’uccisione dello zio Giovanni Arpa, rapito, sgozzato e poi impiccato in un casolare abbandonato alla periferia della città. Le indagini sulla sparatoria dell’Arenella furono segnate anche da un clamoroso errore: fermato, ma poi rilasciato, il pregiudicato Gennaro Ciriaco, sospettato di avere sparato per vendicare l’uccisione di un figlioccio. La divulgazione della notizia da parte dell’allora procuratore, Agostino Cordova, provocò un incidente diplomatico tra Procura e Questura.

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