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Cronaca

Omicidio di Mariarca Mennella, il PM: "Gelosia punitiva". Impugnata la sentenza

In primo grado l'ex marito di Maria Archetta Mennella era stato condannato a venti anni di carcere. Secondo il PM, invece, la sua sarebbe stata una vendetta. In questo caso Ascione potrebbe essere condannato anche a 30 anni

Non gelosia “cieca” e “ordinaria” ma “punitiva”, per vendetta: una diversa interpretazione che penalmente comporta una differenza enorme, dieci anni di carcere in più. E’ su queste basi che il Pm della Procura di Venezia, Raffaele Incardona, titolare del procedimento per il femminicidio di Maria Archetta Mennella, ha trovato il modo di impugnare la sentenza di primo grado con cui il pizzaiolo di Torre del Greco ed ex marito della vittima Antonio Ascione è stato condannato dal Tribunale lagunare a vent’anni: non in Corte d’Appello, facoltà che gli è prelusa avendo scelto l’imputato il rito abbreviato, ma direttamente in Cassazione.

La sorella di Mariarca: "Ci vorrebbe la pena di morte"

La sentenza, pronunciata il 4 ottobre 2018, è stata accolta con amarezza e rabbia dai familiari di Mariarca, assistiti dall’avvocato Alberto Berardi in collaborazione con Studio 3A-Valore, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini. La difesa, tra le altre cose, pretenderebbe il riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione dell’aggravante, pienamente riconosciuta nel verdetto di primo grado, della “minorata difesa”, pur essendo stato acclarato che quel 23 luglio 2017, nella sua casa di Musile di Piave, nel Veneziano, dove si stava ricostruendo una vita, la 38enne originaria di Torre del Greco è stata accoltellata all’alba mentre si trovava ancora a letto.

L'impugnazione del Pubblico Ministero potrebbe riaprire l’intero caso. Il dott. Incardona nel suo ricorso alla Suprema Corte, notificato alle parti il 9 aprile, punta su una delle due aggravanti, futili motivi e la premeditazione, che non sono state invece riconosciute dal giudice. 

"L'imputato, una volta realizzato che la moglie gli era sfuggita di mano, ha deciso di punirla spingendosi fino a comunicare a terzi le ragioni del suo gesto” scrive il dottor Incardona. Il Pm ricorda anche che il killer ha agito dopo aver scoperto i messaggi sullo smartphone che la moglie si era scambiata con il nuovo partner e dopo aver preso atto che quel legame che voleva ripristinare si era ormai definitivamente sciolto, anche questo chiaro indizio di “gelosia punitiva” secondo il PM. 

Un’iniziativa che auspicavamo e che conferma l’impegno della Procura di Venezia per rendere giustizia ai familiari della vittima” commentano l'avvocato Berardi e Riccardo Vizzi, consulente personale di Studio 3A che ha seguito fin dal primo momento i Mennella. "Io mi auguro che i giudici della Cassazione valutino bene tutte queste circostanze: l’assassino di mia sorella ha già beneficiato di tanti, troppi privilegi, il rito abbreviato, l’inspiegabile, mancato riconoscimento della premeditazione, che per noi era lampante. Io e la mia famiglia siamo arrabbiati e chiediamo solo un po’ di giustizia". commenta Assunta, la sorella e tutrice dei due figli di Mariarca

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