Clan Polverino, dopo 35 anni ancora "mesate" ai killer di Giancarlo Siani
È quanto emerso dall'inchiesta che ha oggi portato all'esecuzione di 16 misure cautelari a Marano. Il commento di Paolo Siani, parlamentare fratello del giornalista assassinato nel 1985
La camorra sostiene economicamente da 35 anni Ciro Cappuccio e Armando Del Core, gli uomini – condannati all'ergastolo – che il 23 settembre 1985 assassinarono il giornalista Giancarlo Siani. È quanto emerge dall'inchiesta che oggi ha portato all'esecuzione di 16 misure cautelari a Marano, queste emesse nei confronti di altrettante persone legate al clan Polverino.
L'accusa per gli indagati è di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e all'intestazione fittizia di beni, reati aggravati dal metodo mafioso.
La cosa che più sorprende gli inquirenti non è il fenomeno in sé delle "mesate" per caduti o persone rimaste fedeli nonostante l'arresto – un welfare camorristico conosciuto e radicato – ma che queste stiano proseguendo anche oltre la fine dei clan egemoni in zona: prima i Nuvoletta, poi i Polverino e infine gli Orlando, non hanno fatto mancare il supporto ai due ergastolani. Addirittura laddove tra Polverino e Orlando è stata anche faida.
Paolo Siani, fratello di Giancarlo e deputato del Partito Democratico, l'indagine dimostra che la lotta alla camorra "non può essere lasciata solo ai magistrati e alle forze dell'ordine. Non bastano le manette e gli arresti. C'è bisogno di un grande intervento sociale sul territorio. C'è bisogno di ridare opportunità e speranza, perché il vero welfare che da benessere ai cittadini è quello dello Stato, non certo quello criminale".
Giancarlo Siani fu ucciso sotto casa sua, al Vomero. A decidere che dovesse morire furono i clan Nuvoletta e Gionta, con i boss Angelo Nuvoletta e Luigi Baccante. Punito per "ripulire l'onore" del sodalizio criminale, perché in un articolo Giancarlo aveva scritto che l'arresto di Valentino Gionta era avvenuto grazie una soffiata proprio dei Nuvoletta.