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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Monte di procida

Il calvario di Luisa, la bambina che non può piangere

Da Monte di Procida, per curarsi, si è trasferita negli Usa da quando aveva 3 anni. Ora ne ha 22. Dal 2013 la diagnosi: carenza di N-glycanase. Una patologia rarissima, con 27 casi al mondo

Alcuni bambini non possono piangere. Sono quelli affetti da carenza di N-glycanase (NGLY1) come Luisa Scotto, una ragazza ora 22enne originaria di Monte di Procida la cui famiglia, per provare a curarla, si è trasferita negli Usa da quando lei aveva tre anni

Soltanto altri 27 bambini al mondo sono affetti da questa rarissima mutazione genetica: il corpo non sintetizza l’enzima N-glycanase, alla mancanza del quale si riduce la capacità di riciclare le glicoproteine mal ripiegate. Queste, accumulate, creano danni: ritardo dello sviluppo globale e microcefalia, ipotonia, convulsioni, disturbi del movimento, neuropatie, transaminasi epatiche elevate, strabismo, predisposizione a tumori, diabete, Alzheimer.

Luisa è l'unica italiana ad essere affetta dalla patologia. I genitori hanno scoperto solo due anni fa di avere entrambi la stessa mutazione genetica, mentre la sorella di Luisa, Simona (20 anni), non l'ha ereditata. “Fin dalla nascita mia figlia era ipotonica”, ricorda la mamma, Elvira Scotto. “Non riusciva a tenere la testa dritta, a stare seduta – continua – e notammo anche la mancanza di lacrime, sintomo tipico della malattia, sebbene nel caso di Luisa non sia totale”. Prima una diagnosi di disturbo psicomotorio e la fisioterapia, poi alla pubertà numerosi altri problemi come tic notturni e tachicardica.

Luisa per muoversi usa walker. Per comunicare, oltre al linguaggio delle mani, usa un iPad: ad ogni tasto dall'app corrisponde a una parola o a un verbo. Contro la secchezza oculare ha continuamente bisogno di collirio. Non può andare al mare: gli occhi le si arrossano subito, ed i bambini come lei non sudano.

Fa ancora fisioterapia, utilizzando un particolare tapis roulant, il Lokomat, e frequenta un centro occupazionale per diversamente abili: lì le fanno fare dei lavoretti, piccoli compiti che la tengono impegnata. Mentre i genitori vanno avanti in quello che oramai da anni è il loro obiettivo di vita: trovarle una cura.

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