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Cronaca

Il numero dei senzatetto è salito del 50% dal 2001 nell’indifferenza delle istituzioni

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di NapoliToday

Il numero dei senzatetto è salito del 50% dal 2001 nell'indifferenza delle istituzioni e con l'aumento dei richiedenti asilo ha subito un ulteriore incremento. Gli homeless, ad oggi, possono contare solo sull'aiuto caritatevole dei 727 enti di volontariato operativi in tutt'Italia in particolare la Caritas.

Un esercito della disperazione in crescita di 50.000 senzatetto, per la precisione erano 47.648 persone, secondo il primo censimento realizzato in materia dall'ISTAT, in collaborazione con il Ministero del welfare, la Caritas e la Fio.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora). Una condizione che li esclude dal godere dei più elementari diritti, come ad esempio quello di voto.

Quasi 50mila persone, quindi, tra cui 15.000 bambini, erano senza casa all'inizio del 2012 in Italia, con un incremento di quasi il 50% dal 2001, ma con una crescita ulteriore nel corso dei primi mesi dell'anno corrente. Circa il 62% lo è diventato dopo aver perso il lavoro. Soprattutto a seguito di un licenziamento o della chiusura dell'azienda dove erano impiegati (22,3%) oppure per il fallimento della propria attività (14,3%). Mentre, solo il 6,7% degli homeless del Bel Paese non ha mai avuto un'occupazione. I tre motivi maggiori per cui si arriva a vivere per strada oltre alla perdita di un lavoro sono anche la separazione da un coniuge o le cattive condizioni di salute; in alcuni casi coesistono tutte e tre le motivazioni. Sono per lo più uomini, con meno di 45 anni e un basso titolo di studio. Da notare, inoltre, che la maggioranza è costituita da stranieri (59,4%) e le cittadinanze più diffuse sono la rumena, la marocchina e la tunisina.

Di questi quasi 50 mila homeless, almeno 4 su 10 sono italiani, numerosi a Milano ed a seguire Roma, mentre gli stranieri sono circa l'87 % e tra questi il 59,4 % sono uomini. Il 9,3 % di senzatetto stranieri è laureato.

Ma con la fine dei fondi dell'emergenza Nord Africa ed un aumento dei rifugiati che restano senza alcuna protezione, a partire dall'inizio di quest'anno il numero è salito ancor di più ed oggi è difficile fare stime precise sull'ulteriore incremento.

Quasi la metà dei richiedenti asilo erano in centri collettivi, un terzo in alloggi pagati da una associazione, 12% in un hotel e il 9% erano senza casa. La metà dei senzatetto non voleva dormire nel centro di accoglienza a causa della mancanza di igiene e di sicurezza. Gli altri sono stati respinti per mancanza di alloggi.

E dove non arrivano le istituzioni, si può contare sull'ospitalità delle 727 sedi di enti di volontariato distribuite sul territorio, in particolare la Caritas, che per quanto possono, riescono a sopperire alle carenze di un sistema di protezione sempre più debole e sempre più fragile.

La condizione degli stranieri clochard sta diventando ormai tipica a causa della crisi occupazionale del Paese: arrivano o si trovano in Italia come immigrati che ambiscono ad un lavoro, una situazione migliore rispetto alla precarietà dei loro Paesi, sono carichi di aspettative, ma sono costretti a scontrarsi, poi, con la dura realtà: la disoccupazione imperante e ai massimi dal 1977 emargina anche loro, riversandoli o per strada come homeless o incentivando la microcriminalità.

È ovvio, spiega Giovanni D'Agata presidente e fondatore dello "Sportello dei Diritti", che se si avviassero le necessarie riforme del mercato del lavoro e si rilanciassero serie e strutturali politiche per l'occupazione, più della metà del problema sarebbe risolto, ma è chiaro che in una situazione d'emergenza come quella che stiamo vivendo e nell'inerzia del governo in materia di lavoro, è urgente e irrinunciabile un miglioramento delle condizioni e delle strutture d'assistenza per quest'esercito silenzioso che cresce giorno dopo giorno non lasciando solo all'insostituibile apporto delle associazioni di volontariato l'arduo compito che spetta in primo luogo, al contrario, al Nostro sistema di Welfare istituzionale.

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