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Martedì, 23 Aprile 2024

Steward, un esercito di precari stravolto dalla pandemia

Solo a Napoli ce ne sono 400. Non appartengono a nessuna categoria, quindi non hanno ricevuto né bonus né sussidi. E con il Campionato a porte chiuse, solo in pochi torneranno a lavorare

C'è un esercito di precari spazzato via dall'emergenza Coronavirus. Si tratta del popolo degli steward, addetti alla sicurezza durante eventi sportivi, musicali e culturali, ma anche concorsi pubblici. Da quando il decreto Maroni ha affidato alle società di calcio la sicurezza all'interno dello stadio, le pettorine gialle sono diventate parte di quel grande circo chiamato pallone. Gli steward controllano l'accesso agli stadi, impediscono il contatto tra tifoserie avversarie, mantengono l'ordine nei vari settori.

Eppure, in circa 15 anni di professione, nessuno ha mai pensato di regolarizzare la loro posizione. Di fatto, da un punto di vista legale, queste migliaia di persone, uomini e donne di qualsiasi età, non esistono. "Non apparteniamo a nessuna categoria - spiega Alessandro Caiazzo, uno steward napoletano - non esiste un contratto nazionale. Per questo motivo, non abbiamo avuto accesso a nessun bonus durante il lockdown". 

Soltanto a Napoli, i gilet gialli (che nulla c'entrano con i manifestanti francesi, ndr), sono circa 400. "Credo sia arrivato il momento che qualcuno si occupi della nostra posizione - afferma Serena Livatino - viviamo il paradosso di avere contratti a tempo indeterminato, ma a chiamata. Significa che se da un lato siamo vincolati, dall'altro non abbiamo alcuna certezza di quanto lavoreremo e, quindi, di quanto guadagneremo. E se veniamo licenziati non esistono cassa integrazione e disoccupazione". 

La ripresa del campionato di calcio è alle porte, ma saranno in pochi ad essere richiamati a lavorare: "Le partite saranno a porte chiuse - precisa Caiazzo - così saranno necessari solo 50-60 steward, a fronte dei mille che potevano essere chiamati prima dell'emergenza sanitaria. Noi non vogliamo lottare contro le aziende, vorremmo solo che il legislatore ci riconoscesse. In molti campano di questo lavoro, ma non sanno che futuro li aspetta". 

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