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Cronaca

Ciro non ce l'ha fatta: ecco la sua lunga lotta

Aiuto infermiere, e due fratelli, un amore immenso per la fidanzata, Simona, e l'azzurro del suo Napoli. La tragedia iniziata quel 3 maggio a Roma

Ciro Esposito non ce l'ha fatta. Alle 6 di questa mattina, dopo un calvario durato 54 giorni da quella maledetta serata dell'Olimpico, il 3 maggio scorso, il cuore del giovane tifoso napoletano, che batteva solo grazie alle macchine del Centro di Rianimazione del Policlinico Gemelli, si è fermato.

Un ragazzo di 31 anni, Ciro. Un lavoratore, con la passione per il calcio e il suo Napoli. Aiuto infermiere, e due fratelli, un amore immenso per la fidanzata, Simona, e l'azzurro del suo Napoli. Il sogno di veder gonfiare la rete avversaria con una magia di Lorenzo Insigne e del 'El Pepita' Higuain. Per seguire una delle trasferte del Napoli, quel sabato era partito dalla sua Scampia, come aveva fatto altre volte, insieme agli amici, per quella che doveva essere uan festa del calcio. Lavorava nell'azienda familiare, un autolavaggio, insieme ai suoi fratelli. Viveva a casa, con mamma e papà. Il 3 maggio ha lasciato il secchio e la spugna, sperando in una vittoria in finale di Coppa Italia, ma all'Olimpico non è riuscito neanche a mettere piede. Ciro è infatti rimasto gravemente ferito in seguito agli scontri avvenuti in via di Tor di Quinto, a Roma, poche ore prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina all'Olimpico. Il tifoso, in circostanze che rimangono ancora sotto alcuni punti controverse, è stato raggiunto da alcuni colpi di pistola sparati, secondo la procura di Roma, dall'ex ultras romanista Daniele De Santis, 48 anni, arrestato il giorno dopo gli incidenti.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, poi fatta propria dalla procura, De Santis, in compagnia di altre persone, come indicato da un 'supertestimone', avrebbe provocato i tifosi napoletani lanciando pietre contro un pullmann che si trovava a passare vicino al circolo ricreativo dopo l'uomo viveva e lavorava. Poi, alla loro violenta reazione, sarebbe scappato e, finito a terra dopo essere scivolato, avrebbe esploso 4 colpi di arma da fuoco con una 765 con matricola punzonata e abrasa, una Beretta. Da quei proiettili è stato raggiunto Ciro Esposito, che, ricoverato al Policlinico Gemelli, è apparso da subito in condizioni molto critiche. In questi quasi due mesi di degenza, Ciro Esposito è stato sottoposto a più di un intervento chirurgico. E giovedì scorso è stato nuovamente operato al polmone devastato dal proiettile: il decimo intervento. Poi la situazione è precipitata. Il ragazzo di Scampia se ne è andato, circordato come sempre dall'affetto della sua famiglia. A Napoli si stringono sciarpe azzurre, aspettando il ritorno della bara. Per salutarlo un'ultima volta.

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