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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Secondigliano

Chi è Vincenzo Di Lauro, il secondo figlio di Paolo che cambiò il clan

Guida del sodalizio dal 2015, ha lasciato la strada sanguinaria per gli interessi economici: contrabbando di sigarette e aste giudiziarie i campi preferiti

Dalla pistola alla valigetta 24 ore. Era il cambio di passo che Vincenzo Di Lauro cercava da anni per il suo sodalizio criminale. C'è anche lui tra i 27 nomi destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse questa mattina, 17 ottobre, dalla Procura di Napoli. Un'operazione che mira a decapitare, ancora una volta, il clan Di Lauro di Secondigliano. Classe 1975, Vincenzo, detto F2, è il secondogenito di Paolo, fondatore del sodalizio criminale. Secondo gli inquirenti, sarebbe alla guida della famiglia dal 2015, anno della sua scarcerazione. 

La ricostruzione dei pm tratteggia una figura complessa che, negli anni, ha profondamente cambiato il clan. Nell'ordinanza, infatti, si legge "...ha intrapreso la strada della discontinuità nelle scelte criminali del clan. Lo considera come un'azienda di famiglia e i metodi camorristici sono solo un mezzo per raggiungere finalità, che sono essenzialmente economiche, e non per affermare il controllo del territorio".

Vincenzo, quindi, avrebbe abbandonato la strada del sangue per seguire quella degli affari. Un cambiamento radicale, che viene confermato ancora dalla Procura: "Di Lauro Vincenzo ha 'modernizzato' una consorteria già tristemente famosa per le sanguinose faide scatenate nel primo decennio del secolo. Ha infatti evitato il ricorso, ove possibile, a mezzi esplicitamente violenti, che ha in sostanza subappaltato a consorterie più navigate". A usare le maniere forti, quindi, non erano più direttamente i Di Lauro. Questo ruolo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato assunto dai Vinella Grassi, i cui rapporti con i Di Lauro sarebbero tornati buoni dal 2011 in avanti. 

Una svolta che avrebbe portato non pochi problemi di gestione, per vedute differenti, con i fratelli Marco e Salvatore, il primo particolarmente attivo nel settore degli stupefacenti. La diatriba familiare si sarebbe dipanata, poi, dopo l'arresto di Marco in seguito alle rivelazioni ai giudici del luogotenente Salvatore Tamburrino, nel 2019. 

Dalla ricostruzione dei pm si apprende che l'attrazione per gli affari avrebbe posto Vincenzo di fronte a problemi di liquidità. Sarebbe questo il motivo per cui, da un un certo punto in avanti, il clan avrebbe ripreso le attività predatorie, come le rapine e il rampollo avrebbe sfatato un antico tabù della famiglia, ricorrendo alle estorsioni sul territorio. 

Ma quali erano questi affari che tanto affascinavano il secondo figlio di Paolo? In primis fu il contrabbando di sigarette. Si tratta del commercio nel quale sarebbero coinvolti anche Tony Colombo e Tina Rispoli per un finanziamento complessivo di circa 500 mila euro per l'allestimento di un opificio. Ma dove Vincenzo avrebbe capito di poter fare i soldi veri era il settore delle aste giudiziarie. "Ecco dunque - scrive il gip - che Di Lauro, Vinella Grassi e Licciardi, la terza grande compagine dell'area nord, si spartiscono gli affari delle aste giudiziarie. Ma la vera vocazione 'imprenditoriale' di Vincenzo si coglie nel momento in cui si svela il reticolo delle società che sono riferibili a lui e che vengono gestite da prestanome". 

Fino a oggi, il clan camorristico Di Lauro è sempre riuscito a risollevarsi dalle sue ceneri. E' sopravvissuto  due faide, gli arresti del fondatore Paolo, agli svariati arresti di nove dei suoi dieci figli, tra cui Cosimo, Marco, Salvatore e Vincenzo. Solo il tempo permetterà di stabilire quando forte sia stato questa volta il colpo inferto dalla Procura 

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