Napoli e provincia sotto il controllo dell'Alleanza di Secondigliano
"Un'associazione criminale che controlla la città di Napoli e parte dell'area metropolitana, che decide su tutti i traffici criminali, con un potere estorsivo fortissimo". Le parole di Giovanni Melillo, procuratore capo di Napoli farebbero impallidire gli sceneggiatori di Gomorra. Le oltre 2mila pagine dell'ordinanza con cui sono state arrestate 126 persone descrivono l'Alleanza di Secondigliano come un'organizzazione federativa, con una classe dirigente deputata alle decisioni e con un controllo capillare di qualsiasi cosa accada.
L'alleanza è costituita da tre famiglie, i Mallardo, i Contini e i Bosti. In carcere sono finiti anche coloro che, secondo gli inquirenti, sarebbero i capi dei singoli gruppi: Francesco Mallardo, Patrizio Ettore Bosti ed Eduardo Contini. Tre nomi legati non solo dagli affari malavitosi, ma anche dal fatto che sono sposati con tre sorelle: Maria, Rita e Anna Aietta. E secondo gli inquirenti, nell'alleanza sarebbe fondamentale anche l'apporto delle donne, non come figure di supporto, bensì come personaggi apicali e in grado di decidere anche su argomenti delicati. E' sfuggita all'arresto Maria Licciardi, ritenuta capo dell'omonico clan e conosciuta col soprannome "A piccerella", che nelle prossime ore potrebbe essere dichiarata latitante.
"Quello che emerge dalle indagini smentisce chi pensava che a Napoli la malavita organizzata fosse polverizzata - prosegue Melillo - il quadro delineato, invece, è quello di un'organizzazione forte, con una sofisticata regia". Sequestrati al sodalizio beni per 130 milioni di euro. Nell'inventario compaiono 137 unità immobiliari, 233mila metri quadri di terreni, 161 beni mobili tra autoveicoli e motocicli, una barca, rapporti finanziari, 36 società, gioielli e orologi di lusso.
Le mani dell'alleanza sono arrivate anche nelle strutture ospedaliere pubbliche: "Possiamo affermare che l'ospedale Don Bosco fosse considerato una sorta di sede sociale della camorra" le parole di Giovanni Melillo. Come se non bastasse, le intercettazoni hanno stabilito che i clan lucrassero sull'accoglienza ai migranti. Nella zona del Vasto, alcuni albergatori sono stati costretti a pagare all'organizzazione una somma per ogni rifugiato ospitato in struttura. Le indagini proseguono, anche perché i dati raccolti si fermano al 2016. E' lecito pensare che in questi tre anni la forza dell'organizzazione sia cresciuta a dismisura.