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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Storie&Controstorie

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A cura di Mario Amitrano

Cinque anni fa la morte di Carlo Iuliano

Lo storico capo dell'ufficio stampa della squadra partenopea morì nel 2013

Cinque anni fa, il 6 febbraio 2013, moriva Carlo Iuliano, lo storico ed ultratrentennale capo, oltre che “inventore”, dell’ufficio stampa del Napoli. Aveva 71 anni, e della squadra partenopea aveva vissuto i tempi belli, quelli bellissimi e quelli brutti. Sempre con la stessa professionalità, passando da Corrado Ferlaino a Corbelli, da Naldi a Pierpaolo Marino. Iuliano, con la “I”, quello che molti prendevano per parente di Juliano, il “Totonno” capitano.

Quando morì, Maradona scrisse per lui bellissime parole: “Piango un caro amico e un grande giornalista”. Tutti lo ricordano in giacca chiara accanto al Pibe de Oro quando gli fece da padrone di casa nel giorno della presentazione allo stadio San Paolo. Era il luglio del 1984, le basi degli scudetti, della coppa Uefa, dei tanti trionfi, dello squadrone imbattibile del quale fu anche lui, “Carletto” (come lo chiamavano gli amici), padre, fratello, amico. La famiglia lo ricorderà con una Messa che sarà celebrata domani, 7 febbraio, nella Chiesa di San Vincenzo Pallotti, a via Manzoni, nei pressi del Corso Europa.

La figlia Raffaella, giornalista come l’amato padre, continua a gestire su Facebook la pagina dedicata al genitore, che contiene tantissime fotografie oltre che dello Iuliano capo ufficio stampa, anche dello Iuliano papà e marito innamoratissimo della moglie Anna.

Questo il commovente post scritto oggi dalla figlia sul suo profilo Facebook:

"Le persone non finiscono. Questa è l'unica certezza che ho.
Non lo so dove sei, ma so che mi ascolti, anche se sono passati 5 anni da quel giorno maledetto.
Cinque anni. Il primo lustro di una vita senza te.
Nell'ombra del tuo ricordo, con il suono di quella voce ancora limpido nelle mie orecchie. E poi gli sguardi, i gesti, le esclamazioni e le abitudini che a dispetto del tempo restano presenti nel mio quotidiano.
1826 notti scandite dalla compagnia costante di un'atavica insonnia, tormentate dal desiderio irrealizzabile di vederti almeno una volta, con gli occhi chiusi a combattere contro quelle lacrime inutili e intollerabili, da soffocare con forza... perché tu non le sopporti. 
60 mesi che mi hanno reso più adulta, più forte, più scostante e disillusa. E sempre più sola.
"La vita va avanti", è il primo dei tuoi tanti insegnamenti. Ma quanto è difficile obbedirvi".

Stroncato da una breve malattia, Carlo Iuliano era diventato negli ultimi tempi, dopo aver lasciato il Napoli, apprezzato e seguitissimo opinionista in alcune televisioni locali.

La tribuna stampa dello stadio San Paolo gli fu intitolata quasi a furor di popolo.

La sua scomparsa destò molta commozione tra i tifosi della squadra partenopea, molti dei quali, sui vari siti e gruppi social dedicati al Napoli, non fecero mancare il proprio ricordo, il proprio racconto, la propria esperienza personale, anche in occasione dei successivi anniversari dalla scomparsa.

Questo il racconto, per citarne uno, che scrisse nel 2015 il giornalista Davide Morgera su Napolista:

I filmati di Youtube sono una sentenza, sono la verità inconfutabile. Quello che mi è capitato di vedere in questi giorni, perché il bello di Internet è che tu vai da una parte all’altra della tua testa in una frazione di secondo, sono state le lacrime sincere di due personaggi controversi come Ferlaino e Moggi che, chissà dopo quanto tempo, si sono ritrovati ancora insieme. Funerali di Carlo Iuliano, l’Addetto Stampa con le maiuscole, una fredda mattinata di febbraio del 2013. Che persona fu Carletto! La sua figura, la sua dipartita, mi hanno fatto ripiombare nel mondo di un calcio e di una stampa che fu. E che non è più. Il “burbero più buono del mondo” io l’ho conosciuto. Anzi lo conoscevo bene. Al di là degli stereotipi e dei luoghi comuni su cui hanno speso fiumi di parole anche chi non sapeva chi fosse Carletto quando due anni fa decise di andare a scrivere altrove, tre assiomi mi sembrano imprescindibili se vogliamo capire realmente chi è stato “Iuliano senza la J” tanto per distinguerlo dal capitano di tante battaglie Totonno. In primis, il nostro “burbero uomo” ha inventato l’addetto stampa nella preistoria degli organigrammi societari, in secondo luogo, non si poteva non intitolargli la sala stampa del San Paolo per quanto ha dato al Napoli e, dulcis in fundo, mi piacerebbe sfatare il detto dell’uomo scostante e supponente. Iuliano non era come poteva apparire ai più, anzi ho sempre avuto l’impressione che se lo avessi frequentato di più mi avrebbe invitato a casa sua per mostrarmi tutti i cimeli e i documenti che hanno segnato la storia del Napoli durante la sua “gestione”. Dopo aver pragmaticamente detto ciò, tre diventa anche il numero perfetto perché tre sono le date in cui ho avuto modo di approfondirne la conoscenza.

Novembre 1977, il Napoli di Di Marzio e della nouvelle vague sta facendo un campionato senza infamia e senza lode, sesto posto finale e accesso alla Coppa Uefa. La difesa traballa con il portiere più pazzo mai avuto, Mattolini, un libero altalenante come Stanzione, resiste solo la roccia Bruscolotti. A metà campo Pin e Restelli rappresentano il nuovo che avanza e meno male che qualche castagna dal fuoco ce la toglie Beppe Savoldi con i suoi 16 gol altrimenti altro che piazzamento in Europa. Ebbene è datata 23 novembre 1977 la lettera che la S.S.C. Napoli, a firma Carlo Iuliano, capo ufficio stampa e pubbliche relazioni, mi inviò con mia somma sorpresa. Con tutti i crismi dell’ufficialità, busta e carta intestata con tanto di logo “N” in rilievo, francobollo da 170 lire, fui invitato nella sede di Via Crispi 4 per un incontro. Una decina di righi, scritti con la classica Olivetti Lettera 32, e un invito ufficiale. Si poteva non stare nella pelle più di così per un quindicenne? No, e io non mi feci pregare formulando il numero segnato sulla lettera, attraverso il quale una dolce signorina mi fissava una data per la settimana dopo. In effetti l’attento Carletto Iuliano aveva letto un mio annuncio sul “Guerin Sportivo” in cui riferivo della mia passione di collezionista del Napoli ed aveva drizzato le orecchie in cerca di qualche chicca. Accompagnato da papà, fui accolto molto cordialmente da Iuliano per il quale, probabilmente, l’unica sorpresa fu costituita dalla mia età. Trovarsi di fronte un adolescente di seconda liceo invece di un attempato quarantenne che aveva vissuto altre epoche non dovette essere il massimo per l’addetto stampa della squadra azzurra. Gli spiegai cosa collezionavo e forse questo non fu sufficiente per un secondo incontro ma uscii dalla sede di Via Crispi ugualmente ‘confuso e felice’. Mi fu, infatti, regalato personalmente da lui, con atteggiamento paterno, un volume inedito che celebrava i 2000 gol del Napoli. Il libretto, in forma di rivista ma pieno di storia, celebrava tutti i gol a cifre tonde dei campionati degli azzurri fino ad arrivare al duemillesimo siglato da Peppe Massa contro il Bologna nel campionato precedente. Ricordo ancora il timore reverenziale per quell’uomo che mi fece tante domande fino a quando si decise ad andare in un’altra stanza a prendermi quel prezioso libretto. Confesso, a me sembrava di aver superato un’interrogazione scolastica col più brillante dei voti. Docente il signor Carletto Iuliano.

Primavera 2004, il Napoli è allo sbando, indossa una improbabile maglia in stile Argentina/Pescara, nessuno aiuta la squadra, Simoni sta facendo l’impossibile, dopo il suo ritorno, per dare una dignità ad una casacca gloriosa, le tv a pagamento trasmettono le gare anche se siamo in serie B, lo sponsor è la pasta Russo e la Legea fa le divise. Portanova e Tosto reggono l’urto degli attacchi avversi , Vidigal, Montesanto e Zanini mostrano sprazzi di grinta a centrocampo mentre Vieri e Dionigi sono una coppia d’attacco che funziona solo a tratti. Sappiamo cosa successe poi in quell’afosa estate, le cordate, i gruppi, la volontà di non far morire una passione, manifestazioni di solidarietà dovunque, San Paolo compreso, fin quando arriva De Laurentiis e dalle aule di un tribunale infinito fa nascere la nuova creatura. E’ tabula rasa, sì, ma cosa accadde in quella primavera antecedente al fallimento? Altro appuntamento con Carlo Iuliano, stavolta teatro dell’incontro è il Centro Paradiso di Soccavo. Arrivo lì in tarda mattinata, mi fanno accomodare, Perinetti ha una faccia più scura della mezzanotte, Gianluca Vigliotti cerca di sdrammatizzare qualcosa che sta accadendo in quelle stanze e che io non afferro, non mi fanno capire. Il D.S. fa avanti e indietro, confabula con Iuliano, si attacca al telefono, abbassa la voce. Trovo una tristezza infinita, dove è il Napoli? Un centro sportivo che ha visto le gesta e gli allenamenti del più grande di tutti i tempi, Maradona, adesso è in disarmo, è come un pugile che non ce la fa più. Mi sembra tutto abbandonato, lasciato al caso, a quello che accadrà. Nonostante ciò, Iuliano, al quale avevo promesso un mio libro in cui raccontavo dell’episodio sopra citato, mi accolse con garbo e gentilezza e mi apparve come il padrone di casa che vuole mascherare qualcosa che non va bene nella sua famiglia. Il Napoli era la sua famiglia, mi perdoneranno la moglie e le figlie, se uso questo apparente paradosso. Ecco, in quel momento Carletto mi diede l’impressione di colui che era andato un attimo in camera da letto a vedere se il letto era stato fatto, se era tutto in ordine. E questo serve più di qualsiasi commento.

17 Novembre 2011, il Napoli consolidato di Mazzarri e De La va alla grande, i top players cominciano a nascere e maturare anche da noi, sembra una età dell’oro rispetto agli anni della sufficienza e del buio delle annate citate sopra. Si pensa in grande, finalmente, il battito che una volta era solo azzurro Italia adesso diventa respiro europeo, il Continente ci teme, l’ossatura della squadra è di notevole spessore e Cavani è la punta di un iceberg forte e spigoloso. Un giorno arriva una telefonata della mia casa editrice e mi annuncia che alla presentazione del volume “Azzurro Napoli” ci sarà anche lui, Carlo Iuliano, in mezzo ai simpatici sapientoni del ‘Te Diegum’ ed altri importanti colleghi della carta stampata. Cornice dell’evento il Maschio Angioino, cosa volete di più? Credo che nella vita ci siano momenti dove vanno ad incastrarsi tanti tasselli di un puzzle che farà sempre parte della nostra memoria, del nostro bagaglio di esperienze. Quello fu uno di questi momenti anche perché, quando il buon Carletto prendeva la parola, ci deliziava coi suoi racconti ed i suoi preziosi aneddoti. In quegli istanti mi dimenticavo di tutto, mi sentivo uno del pubblico ed ascoltavo come il filo dei suoi ricordi annodasse la storia, i colori dalle tante sfumature d’azzurro e ci lasciasse a bocca aperta. Era come sentire il fratello maggiore raccontare un’infanzia felice e spensierata. Alla fine della presentazione del libro ci fermammo a parlare e qui avvenne quello che non mi sarei mai aspettato accadesse. Carlo mi chiamò e mi disse : “Vieni, ti devo mostrare una cosa”. Lo seguii incuriosito fino a quando non estrasse da un’agenda una cartolina da San Paolo del Brasile, un po’ vecchiotta ma tenuta bene. “Ecco, vedi, questa me la mandò Sergio Clerici quando fu venduto dal Napoli per acquistare Savoldi, è il suo commiato dal pubblico napoletano”. Effettivamente era così, lessi quella cartolina con emozione e prima che gli chiedessi qualcosa, Iuliano mi guardò negli occhi e disse “Lo so, tu stai pensando di chiedermela ma non osare, è una cosa troppo preziosa anche per me, ci tengo”. Mi tarpò le ali, non dissi più nulla e ci stringemmo forte in un abbraccio. In quel momento avevo conosciuto un altro uomo. Uno come tanti di noi, un collezionista che si tiene strette le cose più belle, un tifoso prima di tutto. E poi non venite più a dirmi che era un burbero. Ciao, piccolo ma grande uomo vero.

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