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Nuovi napoletani

Nuovi napoletani

A cura di Vincenzo Sbrizzi

Storie di essere umani che sono arrivati a Napoli per vivere una vita migliore e che la città ha accolto come nuovi cittadini. Paure, speranze e sogni di persone che dagli angoli più disparati della terra hanno scelto di vivere all'ombra del Vesuvio

Nuovi napoletani

Sophia, la regista inglese innamorata di Napoli che racconta le storie dei migranti

Vive in città da quattro anni e ha deciso di raccontare la storia di Fata e Yankuba nel documentario “Teranga”

Quando tutti le dicevano di non venire a Napoli in lei cresceva il desiderio di scoprirla. Un'anima libera come la sua non poteva ascoltare un suggerimento senza prima aver toccato lei con mano. E la sua scelta si è dimostrata essere giusta. Questa scelta le ha permesso di conoscere una città di cui si è innamorata. Una città che le è entrata nel cuore utilizzando la porta dell'arte e della letteratura. Sophia è entrata in contatto con Napoli grazie all'università. Londinese di nascita, ha studiato italiano e storia dell'arte e nessun posto meglio di Napoli poteva unire le due cose. A guidarla in città, prima ancora di arrivarci, erano state le parole di Elena Ferrante che con i suoi romanzi l'ha come chiamata a venire a scoprirla.

L'arrivo a Napoli 

Così ha deciso di trascorrere l'anno sabbatico universitario qui a Napoli. Il suo è un amore a prima vista alimentato da passeggiate per strada in mezzo alla gente, come piace a lei. L'anno di studio a Napoli le permette di conoscere la realtà della città ma soprattutto di capire che è una città pronta ad accogliere. Questa predisposizione attira persone da tutto il mondo che però hanno bisogno di essere seguite e aiutate. Un'esigenza che fa sua e comincia a spendersi in prima persona per aiutare gli stranieri che vivono qui. Decide di frequentare i centri d'accoglienza e si presta come traduttrice per i medici. I racconti che le vengono portati in dono sono al tempo stesso strazianti ma ricchi di umanità. Una realtà che si contrappone alla sua che ha scelto l'Italia per passione e cultura a fronte di persone costrette a scappare da esistenze impossibili.

Le storie dei migranti 

Sono le storie di chi ha visto un suo amico cadere dal camion che li trasportava o dal gommone con il quale si erano imbarcati con la consapevolezza che non ce l'avrebbe fatta. Che l'ultima volta in cui si sarebbero visti avrebbe preceduto la morte di chi era caduto. I racconti che le arrivano della Libia sono qualcosa di inimmaginabile per un europeo, italiano o inglese che sia. Storie di prigionia e tortura insopportabili solo a parole figuriamoci a viverle di persona. Piano piano in lei cresce l'esigenza di raccontare queste storie e far sapere a chi sta da questa parte del Mediterraneo cosa queste persone siano costrette a sopportare. Inoltre tocca con mano come funziona l'accoglienza in Italia e non le piace per nulla. Non sopporta che la vita di chi arriva qui venga messa in stand by come in una sala d'aspetto.

Il Teranga e il documentario 

La sua voglia di capire realmente cosa provino queste persone la porta a diventare amica di molti di loro e comincia a frequentare anche i posti dove in molti si incontrano. Uno di questi è il Teranga, un locale che è un punto di incontro di varie culture. In più è un'esperta di musica e negli anni scorsa ha lavorato anche come manager e agente di alcuni musicisti e il locale è animato da musica tutti i giorni. Lì scopre la vita di due richiedenti asilo, Fata e Yankuba, e la colpiscono al punto da realizzarne un documentario. Insieme a due registe, Lou Marillier e Daisy Squires e alla produzione del “The Guardian”, lavora per due anni per raccontare la vita e la condizione di queste due persone bloccate in “sala d'aspetto”. Ne nasce “Teranga: life in the waiting room”, un documentario che fa il giro d'Europa partendo proprio da Napoli. Da quella che ormai è diventata la sua città. Vive qui da quattro anni e mezzo ed è decisa a rimanerci a lungo.

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