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Napoli è donna

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A cura di Andrea Fiorillo

La villa di Poppea: meraviglia ancora poco conosciuta

Uno sguardo alla bellezza

Parlare di donne vuole dire rivolgere il nostro sguardo alla bellezza, e quest’ultima, come affermava la grande poetessa Alda Merini, non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori. In questa mio blog cercherò infatti di “svelare”, attraverso figure di donne che hanno fatto la storia, luoghi incantati, dove la loro presenza ha contribuito a creare il fascino che ancora oggi esercitano su di noi. Partiamo da molto lontano, da quel periodo che la storia ricorda come romano, perché Roma, Caput Mundi, controllava quasi l’intero pianeta allora conosciuto.

Siamo nel I sec. d. C., imperatore era Nerone, tra i più celebrati e ricordati della storia romana, nonostante dopo la sua morte fosse stata decretata dal senato la damnatio memoriae avente lo scopo di, letteralmente, “eliminarne la memoria”. Ed a lui resta strettamente connesso il ricordo di Sabina Poppea: nonostante le considerazioni particolarmente negative che gli storici dell'epoca hanno trasmesso in riferimento alla seconda moglie dell’ Imperatore, nonostante lo storico latino Tacito scrisse di lei che aveva avuto ogni dono dalla natura “tranne che un animo onesto” perché dall’apparenza mite e riservata, ma con un carattere ambizioso e naturalmente portato alla dissolutezza, Poppea è colei alla quale è attribuita una delle più belle ville di otium del periodo romano: la Villa di Poppea ad Oplontis.

L’attribuzione è giustificata dalla presenza di un’iscrizione su di un’anfora rivolta al liberto di Poppea, Secundus. In ogni caso la villa faceva parte dei beni della famiglia imperiale, che amava scegliere la costa campana per costruire sfarzose ville residenziali. Il sito si trova nell’attuale Torre Annunziata, quella che un tempo fu individuata come Oplontis, nome attestato nella “Tabula Peutingeriana”, copia medievale di una cartina di epoca antica riguardante le strade dell’impero romano. Inserita nel 1997 nella lista beni protetti dall’UNESCO, perché considerata insieme alle rovine delle città di Ercolano e Pompei una vivida testimonianza della vita in un momento specifico del passato che non ha uguali nel mondo, la sua esistenza resta, ad oggi, sconosciuta a molti. Questa villa dalle dimensioni grandiose, contiene affreschi di grandissima qualità, per buona parte del cosiddetto II stile (I sec. a. C.): la descrizione pittorica, infatti, che rappresenta colonne e porte finte, è correlata dall’architettura reale, creando così giochi di prospettiva, con rimandi chiari tra finzione e realtà. I particolari degli affreschi sono molti e di ottima fattura e raffigurano cestini di frutta, uccelli, maschere e fiaccole. Originariamente, la villa era adornata anche da moltissime sculture, costituite prevalentemente da copie romane di esemplari originali ellenistici risalenti al terzo-secondo secolo avanti Cristo, ma quando il Vesuvio eruttò era disabitata: difatti, nelle stanze non erano presenti suppellettili e nella cucina non c’era traccia di vasellame. I materiali da costruzione trovati, infatti, testimoniano che nella Villa erano in corso i lavori per la riparazione dei danni causati dal terribile terremoto che 62 d.C. sconvolse l’intero territorio campano, distruggendo quasi del tutto la vicinissima Pompei.

Vasti giardini circondano la villa, dotata anche di un’area termale: questi luoghi, simbolo di romanità, nascevano con finalità ludiche e sociali, ma con il tempo, ed in particolare con la costruzione di strutture del genere all’interno delle ville, i romani stessi acquisirono anche coscienza degli apporti benefici delle acque. Questa breve descrizione vuole essere solo un invito per lasciarsi affascinare da questi luoghi ricchi di storia e di mistero, ricordando che tra quelle stanze la nostra Poppea avrà forse esultato, pianto, sorriso, ma senza dubbio avrà contribuito a creare tanta bellezza.

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