rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Lo sapevi?

Lo sapevi?

A cura di Laura Bufano

"Quando tocco l’argilla avverto la stessa alchimia che provo quando tocco il corpo di una donna"

Domenico Sepe attraverso un ”classico ritrovato”, ci racconta sentimenti e pensieri del passato

La scultura è una lingua morta? Se lo chiedono in tanti, eppure, come ha detto Pietro Cascella "le sculture, da sempre, urlano in silenzio e ci raccontano il tempo". Domenico Sepe attraverso un "classico ritrovato", ci racconta sentimenti e pensieri del passato, dimostrando la comprensione della storia e una grande esperienza delle tecniche artistiche.

Domenico ha solo 5 anni quando rimane affascinato dal legno e dalle sue possibilità  e poi in campagna scopre quanto la terra bagnata sia piacevole da toccare. Oggi è docente di storia dell’arte, disegno ed educazione artistica, dopo aver completato gli studi prima al liceo artistico e poi all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Sperimenta la pittura e la scenografia, ma le soddisfazioni più grandi gli arrivano dalla scultura, così come ben gli aveva anticipato Luigi Grillo, che fu animatore di tante manifestazioni culturali e sociali, fondatore della Pro-Loco di Afragola, dove Domenico vive. E’ con grande curiosità che comincio la mia intervista.

Sin da quando avevi 5 anni hai cominciato a sperimentare la manipolazione, le spiccate capacità tattili sono innate?

"Si, infatti ricordo da sempre l’attrazione che provavo verso la materia da poter plasmare e come non potevo resisterle".

Oggi, sei già un Maestro che riesce a dare un’anima alla materia che plasma. Di quanta ricchezza interiore c’è bisogno per fare arrivare all’osservatore i sentimenti che infondi nelle tue opere?

"Io penso che l’artista è un filtro inconsapevole di ciò che lo circonda. La innata sensibilità  mi porta a prendere da persone e cose quanto più è possibile e a farlo emergere quando ce ne è bisogno".

Il tuo strumento espressivo è la mano, Renzo Mantero (chirurgo di fama internazionale della mano) diceva che l’uomo non si merita uno strumento così perfetto (può fare 40 milioni di movimenti) perchè ne fa un uso parziale. Cosa ne pensi?

"Riconosco di aver ricevuto un grande dono, quello di poter usare le mani per creare arte e avverto le enormi potenzialità  e le infinite possibilità  ancora a mia disposizione".

CERVELLO-MANI, corsia preferenziale. Le mani sono l’espressione esterna del cervello?

"Rispondo con un’altra domanda Il cervello custodisce l’anima? Se così fosse, allora anima e cervello potrebbero essere la stessa cosa, quella cosa che muove le mani nella creazione artistica".

Il tatto è l’unico organo sensoriale interattivo, la mano tocca e contemporaneamente è toccata, cosa rappresenta per te questa reciprocità  sensoriale?

"La percezione sensoriale che mi arriva dal contatto è fondamentale. Quando tocco l’argilla avverto la stessa alchimia che provo quando tocco il corpo di una donna e allora il 'blocco' da materia vuota si trasforma in materia viva, pronta per la creazione. Per rendere meglio l’idea cito Erri De Luca, il quale dice che l’artista è il vice del Divino perché non produce, ma 'crea'".

Mantero ha fatto studi molto interessanti sull’uso della mano nell’arte. E’ riuscito a capire e a dimostrare come alcuni problemi della mano hanno potuto influenzare l’espressione dell’artista, e allora ci dice "La mano è incapace di mentire, dice sempre la verità, serve ai ciechi per vedere, ai muti per parlare …". E a te, Domenico, a cosa serve?

"A creare bellezza. Non mi piace 'l’artefatto' perché mente. Cerco di essere sincero anche quando decido il momento in cui l’opera è finita. Sono le emozioni che riesci a regalare all’osservatore a stabilire se sei un’artista vero".

Ci vuole più coraggio a raffigurare il brutto che ci circonda?

"Apprezzo soprattutto la bellezza. Il brutto se c’è in me è ben nascosto. Posso piuttosto raffigurare 'la melanconia' nelle mie opere perché  è uno stato con il quale convivo e quindi mi viene naturale".

Parliamo di Augusto Perez (nato a Messina, vissuto e morto a Napoli nel 2000) perché è il tuo scultore di riferimento?

"All’Accademia sono stato allievo di Giovanni De Vincenzo, spesso andavo anche nella bottega di Perez e le sue opere così istintive, tanto da non sembrare finite, mi regalavano grande forza. Era una sensazione che mi rimaneva e mi faceva compagnia".

Quando lavori a una scultura, mani, testa e cuore intervengono nella stessa misura?

"Prevale il cuore. Il cuore è quel valore aggiunto che consente all’anima di essere autentica. Se l’anima percepisce, il cuore muove".

Ti dedichi anche alla scultura sacra e commemorativa, alcune tue opere sono state posate in vari punti d’Italia: Campania, Molise, Lombardia, Calabria, Puglia, Toscana e Lazio. Nel realizzare opere di grandi dimensioni come ti relazioni con lo spazio?

"Penso che le sculture di grandi dimensioni sottraggono spazio comune e per questo motivo che devono essere belle. Inoltre uso il bronzo per le mie creazioni che rimangono vuote all’interno, questo mi permette di fargli custodire l’anima".

Mi puoi tracciare l’identikit dello scultore del terzo millennio? 

"Se l’artista è il rappresentante del suo tempo, io non appartengo a questo tempo! E’ questo il conflitto che vivo… Comunque se devo intercettare uno scultore che ben comunica e rappresenta il terzo millennio penso al polacco Igor Mitoraj e alle sue opere figurativo-classiche".

Se nel terzo millennio i pittori possono lasciare i pennelli e usare il computer, gli scultori quali nuovi strumenti hanno a disposizione?

"Il pantografo".

Per augurarti uno splendido futuro uso le parole di Michelangelo Buonarroti "Signore, fa che io possa desiderare di più di quanto riesca a realizzare". E tu cosa ti auguri per il futuro?

"Di continuare a regalare emozioni con la mia arte per tutta la vita. Mi auguro anche di non vedere più Napoli, che è un Museo a cielo aperto, imbrattata, violentata da mani che non conoscono la grandezza di una città  che si è evoluta nei secoli con la sovrapposizione di arte e culture". 

Se è vero che le mani sono lo specchio, più degli occhi, dell’anima di un individuo allora devo dire che Domenico ha delle mani che rimangono impresse perché sono belle, flessibili, equilibrate, attente, tenaci, tenere e forti.

Si parla di

"Quando tocco l’argilla avverto la stessa alchimia che provo quando tocco il corpo di una donna"

NapoliToday è in caricamento