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CATTIVI PENSIERI

CATTIVI PENSIERI

A cura di Massimo Romano

Le leggi razziali proposte col sorriso

Una parte della destra avanza l'idea di norme diverse per persone di nazionalità diversa che vivono in Italia e lo fa attraverso battute e slogan social friendly. Come Giorgia Meloni, che da Napoli annuncia: "Se uno straniero vuole aprire un negozio, ci dia 30mila euro in anticipo"

Venerdì pomeriggio, in una Villa di Marechiaro, ho ascoltato il discorso di Giorgia Meloni a chiusura della conferenza programmatica della costola napoletana di Fratelli d'Italia. C'è un passaggio che mi ha colpito particolarmente. La Meloni ha introdotto il tema dell'evasione fiscale, un piaga del nostro Paese. Ha criticato il Governo per prendersela con i piccoli commercianti, sostenendo, ed è difficile darle torto, che i veri evasori fiscali sono i grandi gruppi, gli istituti di credito, le banche. 

A questi, però, ha aggiunto come grandi evasori anche tutti gli stranieri che aprono un'attività commerciale in Italia, con particolare riferimento ai market di proprietà cinese e pakistana. Nella sua narrazione, la leader di Fdi, ha creato l'archetipo di Yung Mung, commerciante straniero (non ha specificato se pakistano o cinese. forse un meticciato delle due etnie) che arriva in Italia, apre un negozio, per due anni non paga le tasse e dopo due anni chiude l'attività per riaprirne un'altra con una società diversa, lasciando lo Stato con un pugno di fave.

Per contrastare questo fenomeno, la proposta di Giorgia Meloni è quella di chiedere a questo fantomatico Yung Mung una caparra di 30mila euro per aprire un'attività su suolo italiano, per poi scalare questa somma dalla tasse degli anni a venire. Mi sono chiesto come si potrebbe appellare una norma che prevede che due individui, a parità di diritti di cittadinanza, possano essere differenziati a monte esclusivamente per la loro appartenenza etnica. Che cos'è una legge razziale se non questo? 

Quello che la Meloni fa passare per una "assicurazione" che garantisce lo Stato dall'eventuale chiusura dei negozi di proprietà straniera altro non è che uno sbarramento di accesso. Non serve un'economista per prevedere che la quasi totalità dei piccoli commercianti, italiani o stranieri che siano, di fronte a una richiesta preventiva di 30mila euro, dovrebbero abbandonare il progetto commerciale. 

Per la Giorgia nazionale si tratterebbe di una forma di contrasto a un tipo di truffa a suo dire tipica degli imprenditori stranieri. Ma la realtà è che, in Italia, il settore dei market, mini o super che siano, è uno di quelli più soggetti al reato di bancarotta fraudolenta. E la maggior parte sono di proprietà tricolore, come dimostrano i frequeti cambi di marchio di moltissimi punti vendita in una città come Napoli. E in alcuni casi, indagini della Magistratura, hanno indicato italianissimi supermercati come lavatrici dei soldi sporchi della criminalità organizzata. 

Basta fare una rapida ricerca su google e scrivere "supermercati bancarotta" per imbattersi in decine di casi. A Napoli, per esempio, nel giugno scorso, ha fatto scalpore l'indagine che ha portato al sequestro dei punti vendita del brand Sole365. Ma se il problema delle truffe è multietnico, perché allora non chiedere anche ai commercianti italiani una caparra da 30mila euro? Forse, sarebbe meglio che l'onorevole Meloni e il suo staff studiassero contromisure per la chiusura indotta di tutti i market, italiani o stranieri che siano. Sia Yung Mung che Mario Rossi dovrebbero essere perseguiti come prevede la legge. La verità è che lo Stato non sempre è in grado di farlo. E su questa incapacità la Meloni, così come le altre forze politiche, tace. 

Ma chiedere a un uomo una "tassa" preventiva di 30mila euro con la sola motivazione di non avere italiche origini ci riporta indietro a un periodo buio di questo paese. Quando la legge non colpiva i comportamenti deviati degli individui, ma gli individui stessi per il solo fatto di appartenere a un gruppo etnico diverso da quello egemone. Proposte che a differenza di ieri, oggi sono lanciate con il sorriso sulle labbra, tra una battuta su Di Maio e un'altra su Renzi, quasi come fosse una chiacchiera tra amici. Un sorriso che non spazza via le perplessità. 

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