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Martedì, 23 Aprile 2024
Attualità Poggioreale

#Guerradiparole 2018: la retorica porta speranza a Poggioreale

I detenuti hanno battuto in una gara di retorica gli studenti della Federico II di Napoli nella terza edizione dell'evento organizzato nei carceri italiani

Un duello di retorica per mettersi nei panni degli altri e capire che il mondo non è solo bianco o nero. Protagonisti della #Guerradiparole 2018 sono stati i detenuti del carcere di Poggioreale e gli studenti dell'università Federico II. I primi hanno vinto la sfida giunta alla sua terza edizione, continuando la tradizione vittoriosa portata avanti dai “colleghi” di Regina Coeli a Roma. Un duello organizzato da PerLaRe, associazione per la retorica, che quest'anno ha avuto come tema il reddito di cittadinanza. Una giuria di eccezione ha assistito al confronto tra i due gruppi decretando i vincitori con uno scarto minimo.

Tra i banchi dei giudici c'erano: Carlo Freccero, consigliere d'amministrazione della Rai; Valeria Della Valle, socia dell'Accademia della Crusca; Francesco Paolantoni, attore; Ludovico Bessegato, produttore creativo tv; Gaetano Eboli, magistrato di sorveglianza; Vincenzo Siniscalchi, avvocato penalista; Ema Stokholma, Dj e conduttrice radiofonica; Francesco Piccinini, direttore di Fanpage. Infine Mauro Caruccio, in rappresentanza di una delle anime del progetto: la Toyota. L'Ad di Toyota Italia ha spiegato chiaramente i motivi che hanno portato l'azienda a sponsorizzare per il secondo anno di fila un'iniziativa del genere.

«Per me è la prima volta e sono particolarmente colpito dall’uso nobile della dialettica. Un tema su cui si dibatte e che mette a confronto persone che vivono contesti diversi, distanti fra loro, che alla fine, insieme, creano valore e attraverso il consenso sono in grado di far cambiare le cose. È quello che fa Toyota da sempre, grazie al suo spirito di ricerca e alla sua innovazione. Più di venti anni fa abbiamo sviluppato per primi la tecnologia Full Hybrid Electric, capace di far dialogare in modo sinergico due diversi elementi, l’elettrico e il motore a benzina. Crediamo nella realizzazione di una realtà in cui ognuno sia in grado di raggiungere il proprio impossibile, di superare i propri limiti come nel duello di retorica a cui abbiamo appena assistito e come espresso nella nostra campagna Corporate Globale “Start your impossible”. Con questa iniziativa e con gli accordi di partnership Olimpici e Paralimpici abbiamo affermato la nostra missione di garantire a tutti la libertà di movimento, superando i propri limiti e difficoltà con sistemi integrati e strutture che vanno ben oltre le automobili».

Lo scopo di #Guerradiparole è stato raccontato sul palco da una delle creatrici del progetto, Flavia Trupia, presidente dell'associazione PerLaRe. «La Guerra di Parole è un gioco che ha lo scopo di rimettere al centro l’arte della retorica, come strumento per affermare e difendere le proprie idee. Allenarsi all’uso dell’eloquenza è importante sia per gli studenti sia per i detenuti. I primi sono chiamati a sostenere esami, presentare la tesi e sostenere colloqui di lavoro. I secondi dovranno ricostruire la propria vita e imparare a cogliere nuove opportunità, sostenendo le proprie ragioni solo con lo strumento pacifico della parola. La Guerra di Parole è un modo per preparare studenti e detenuti alle sfide della vita e del lavoro».

La voce più sentita è stata sicuramente quella dei detenuti che hanno potuto mettersi alla prova e superare le barriere del carcere. Tra loro c'erano diversi ragazzi al cosiddetto “primo ingresso” in carcere. Giovani sotto i 25 anni che molto spesso hanno figli a casa e che sperano di ottenere una seconda opportunità una volta usciti dal carcere. «La vita a Poggioreale non è facile. Io sono nel padiglione Firenze e viviamo in otto in una cella. Non abbiamo l'acqua calda e ci laviamo scaldandola in una pentola sui fornellini elettrici. Mi piacerebbe che oggi mi vedessero i miei genitori» racconta Giuseppe.

«Non ho sogni nel cassetto o pretese. Voglio solo un lavoro dignitoso che mi faccia dare da mangiare ai miei due figli» ci racconta il più giovane del gruppo, 20 anni, ma che non dice il nome. «La prima parola che dirò uscito dal carcere? Famiglia – confessa Salvatore a cui fa eco Vittorio – Io credo che resterò senza parole». Partner del progetto sono stati anche la Crui, Conferenza dei rettori delle università italiane, la casa circondariale Napoli Poggioreale e l’università Federico II, insieme all’Unione camere penali italiane – Osservatorio Carcere Ucpi e Carcere Possibile Onlus.

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